giovedì 27 febbraio 2014

Le frappe in casa

Come vi accennavo in questo post, domenica scorsa sono stata invitata a Montalcino ad un magnifico evento annuale per addetti ai lavori, il "Benvenuto Brunello".
In questo paese toscano meraviglioso viene prodotto un vino ottenuto da uve di Sangiovese denominato Rosso di Montalcino: è un vino DOC dal 1984 e adatto ad essere bevuto giovane. La denominazione successiva di Brunello di Montalcino DOCG, gli viene assegnata dopo almeno due anni in botti di legno e almeno quattro mesi di affinamento in bottiglia e viene messo in commercio il 1° gennaio del quinto anno dopo la vendemmia.

Devo dire che il mondo del vino è una realtà che mi ha sempre affascinato; grazie al mio lavoro ho potuto conoscere e gustare molti vini pregiati e oggi riesco a capire se un prodotto è di qualità o, al contrario, scadente.
Ciò che mi sorprende ogni volta è che, assaggiando vini provenienti dalla stessa tipologia di vitigni e dallo stesso territorio, si possono notare sfumature diversissime e un campionario infinito di profumi, sapori e colori; per questo motivo mi è capitato di non amare per niente alcune tipologie di Brunello e di apprezzarne tantissimo altre. È stata un'occasione bellissima per conoscere ancora di più una realtà che mi affascina.

Tutto ciò per dire che in cambio dell'invito ricevuto, sentivo il dovere morale di ricambiare a mio modo e per questo avevo già fatto i biscotti che conoscete; ma la mia coscienza non era tranquilla, per niente.
Soprattutto perché la mia fama mi precedeva e io volevo essere all'altezza.
Per questo ho rimboccato le maniche, spolverato l'Imperia di mia nonna e respirato profondamente: è il momento ragazzi, vi spiego come si fanno le frappe fatte in casa.



Visto che mi sono ripromessa trasparenza e onestà, una cosa la devo dire: questa non è una ricetta facile. O meglio, l'impasto di per sé è veramente banale da fare, ma il procedimento successivo richiederebbe almeno un anno di meditazione zen e corsi di respirazione pre-parto se dovete affrontarlo da soli o, peggio, con animali domestici che vi girano intorno; se poi la vostra cucina è delle dimensioni della mia, allora meglio essere un insegnante yoga, perché dovrete destreggiarvi con nonchalance tra padella d'olio bollente, stendisfoglia (o addirittura mattarello per i più temerari) e granelli di zucchero. E se aveste la voglia o l'esigenza come me di fotografare il tutto, sareste perduti.

Io sapevo molto bene a cosa andavo incontro e tentennavo; quest'anno però non avevo proprio scuse e in più dovevo soddisfare aspettative alte, così ho chiamato i rinforzi e invece di due mani me ne sono ritrovate quattro a disposizione. Inutile dire che i miei collaboratori vengono ricompensati in maniera adeguata con i frutti del proprio lavoro, perfetto no?!
Sono consapevole del fatto che tra voi ci sono persone che si metteranno a ridere, perché che siano frappe, cenci, bugie o chiacchere le avete fatte in casa da sempre e siete esperti ed efficienti; ma come al solito io mi rivolgo soprattutto a chi per paura non ha mai osato farle e se riuscissi a convincere anche uno solo di voi a cimentarsi in questa preparazione sarei felicissima.

La ricetta mi è stata data all'inizio della mia carriera da un collega pasticciere bravissimo ed è anche per questo motivo che ho deciso di farle; questa preparazione speciale prevede l'utilizzo di strutto e rhum, se aveste la necessità di eliminare questi due ingredienti potete anche utilizzare una vostra ricetta e seguire comunque il mio procedimento e i miei consigli, soprattutto il più importante: che lo scegliate di semi o extra vergine d'oliva usate un olio di qualità, non ve ne pentirete.

Nota
Questo impasto rende al meglio se realizzato il giorno prima e lasciato riposare una notte in frigorifero.


Ingredienti per circa 50 frappe

farina 00         500 g
zucchero a velo   50 g
uova intere       25 g (circa metà di un uovo piccolo)
tuorli            40 g (circa 2)
rhum              30 g
sale              8 g
strutto           35 g

vino bianco       qb


Mettere tutti gli ingredienti escluso il vino bianco in una ciotola; impastare lentamente con le fruste a spirale (o gancio) aggiungendo il vino bianco in piccole quantità e fermandosi quando si ottiene un impasto morbido ma sodo, liscio ed elastico.
Avvolgere in pellicola per alimenti e lasciar riposare una notte in frigorifero.

Riprendere l'impasto, dividerlo in 6 parti e stenderlo con la macchina per la sfoglia fatta in casa, abbassando progressivamente lo spessore; arrivaee al terzultimo o penultimo scatto, a seconda dei gusti.
Inutile dire che si può stendere l'impasto anche a mano con il mattarello, l'operazione richiede solo una dose ulteriore di abilità, perché la pasta va stesa molto fine e l'uso del mattarello richiede un'aggiunta di farina sulla spianatoia maggiore rispetto alla stendisfoglia.

Tagliare le strisce di impasto in rettangoli con una rotella e praticare una fessura centrale (agevola lo sviluppo in cottura).

Nel frattempo scaldare abbondante olio in una padella capiente, deve essere almeno 5 cm di profondità, è consigliabile non usarne mai meno di un litro: al contrario di quello che si potrebbe pensare, piccole quantità darebbero come risultato prodotti molto più pesanti.
Per una frittura ottimale portatelo a 180°, se non avete un termometro vi basterà immergere uno stuzzicadenti e cominciare a friggere quando sulla superficie immersa di quest'ultimo si formeranno tantissime piccole bollicine.

Sarebbe ideale mettere subito le frappe a friggere appena tagliate, altrimenti possono attaccarsi tra loro nell'attesa. Se avete qualcuno che frigge mentre voi stendete la sfoglia il procedimento sarà più semplice: erano tantissime!!!


Con la scusa di non poter arrivare a stomaco vuoto di fronte agli assaggi di 127 produttori di Brunello, ci siamo rifocillati nella lunga attesa con i miei cantucci, mentre le frappe sono state conservate per festeggiare la nostra impresa all'uscita.
Gli assaggiatori erano tutti d'accordo nel dire che la differenza rispetto alla maggior parte di quelle comprate è abissale, mi raccomando provateci ;-)

lunedì 24 febbraio 2014

Decalogo a puntate per sognatori di cucine 3

3.
Se avete una famiglia che tiene molto a trascorrere con voi i giorni di festa e non volete cambiare lavoro, non vi resta che cambiare famiglia.


Spiegazione
Quando ho scelto di dedicare la mia vita alla pasticceria, la frase che sentivo più spesso era:

“Ma i pasticcieri lavorano anche i giorni di festa!”

Devo dire che la cosa non mi spaventava assolutamente, perché vivevo ancora a casa con la mia famiglia e i miei amici erano ancora studenti con vite flessibili.



Quando poi ho cominciato a lavorare all’estero e sono entrata nei ristoranti, mi sono accorta che la storia cambia; gli aerei economici per raggiungere casa sono sempre ad orari assurdi e potendo sfruttare unicamente i giorni di riposo, si rischia di passare circa 12 ore dalla famiglia e di farne 16 di viaggio tra aerei, pullman, autobus, macchina.
Causa stanchezza, quest’idea viene sempre abbandonata con rassegnazione, senza contare che in questi trasbordi si rischia di dire addio a metà stipendio.

Quindi o vengono a trovarti loro o niente, ma anche in quel caso, il momento dell’anno in cui hanno più disponibilità sarà ovviamente il Natale, periodo in cui le tue giornate lavorative passano dalle 16 alle 24 ore.
Lo stesso vale per molti dei tuoi amici, i quali, avendo scelto carriere diverse, si ritrovano spesso ancora senza lavoro e quindi senza budget da dedicarti.
Non ci siamo.

sabato 22 febbraio 2014

Bis-cotti

Avete mai riflettuto sul perché i biscotti si chiamino così?
Io non mi ero mai posta il problema fino a quando non mi sono imbattuta in questa ricetta, moooooolto tempo fa.
Non è una ricetta appresa sul lavoro, l'ho trovata in questo piccolo libricino inglese regalatomi da un'amica alla quale voglio bene da 22 anni (Angioletta ormai siamo vecchie); è una delle prime persone a cui ho rivelato il mio cambiamento di rotta, la mia voglia incontenibile di entrare in pasticceria e di rimanerci e lei mi ha appoggiato subito; per dimostrarmelo si è presentata poco tempo dopo con il libricino di cui vi parlavo, il quale è diventato un piccolo tesoro.
Innanzitutto perché contiene ricette di base della pasticceria inglese, troppo spesso poco conosciuta e sottovalutata e poi perché le ricette sono state testate tre volte prima di essere pubblicate e devo dire che, a parte i primi tempi in cui ero veramente scarsa, sono sempre riuscite e sono sempre buone.

La prima ricetta nella quale mi ero cimentata era appunto quella che vi lascio oggi, di questi buonissimi e facili bis-cotti; per ritornare alla mia domanda iniziale, il termine corrente deriva dal latino biscoctum, ovvero cotto due volte. La tecnica di cottura era la stessa che si utilizza oggi per preparazioni come fette biscottate e cantucci: l'impasto viene cotto una prima volta, poi tagliato a fette e ripassato in forno in modo da togliere l'umidità e conservarlo più a lungo.

Note e consigli
In questo caso tra le due cotture devono passare almeno tre ore; vi consiglio di realizzarli il giorno prima e “tostarli” il giorno dopo, oppure di organizzarvi e di utilizzare il forno caldo per altre preparazioni mentre aspettate.

La versione originale contiene mirtilli rossi essiccati e pistacchi ed è la versione che preferisco in assoluto; qui li ho sostituiti però con mandorle e uvetta, unicamente per il fatto che domani partecipo ad una spedizione collettiva qui e i miei biscotti hanno lo scopo di sfamare le truppe: non vorrei offendere i toscani doc con una versione troppo internazionale e che poco si sposa con il Brunello di Montalcino, c'è un motivo se nel Vin Santo si immergono cantucci alle mandorle e non ai cranberries no?!

Ingredienti per circa 50 biscotti

Impasto:
burro morbido           60 g
zucchero                220 g
vaniglia                1

uova                    2

farina tipo 00 o 0      260 g
bicarbonato             ½ cucchiaino

mirtilli rossi secchi   130 g
pistacchi tostati       110 g

Copertura:
uovo                    1
acqua                   1 cucchiaio
zucchero                2 cucchiai


Mescolare il burro a temperatura ambiente, lo zucchero e la vaniglia (io uso sempre le bacche fresche e mai vanillina o aromi artificiali, ma non è un crimine, voi potete farlo) il tempo necessario ad amalgamare gli ingredienti. Se usate il robot impastate con la foglia, se usate il frullino le fruste per impasti e se usate le mani tanto meglio.

Aggiungere le uova, uno alla volta.

Unire la farina e il bicarbonato (se avete dubbi sulla presenza di grumi setacciateli prima).

Infine aggiungere all'impasto i mirtilli rossi e i pistacchi tritati leggermente con il coltello (potete sostituirli con pari peso di frutta secca a scelta, tenete solo presente che se scegliete l'uvetta è sempre preferibile sciacquarla prima, perché contiene spesso sostanze non salutari).

L'impasto ottenuto sarà sodo e un po' appiccicoso, aiutatevi con una spatola per toglierlo dalla ciotola e trasferitelo su pellicola per alimenti.
Riporre un'ora in frigorifero.

Accendere il forno a 180° statico (160° se ventilato).
Impastare su un piano di lavoro con l'aiuto di farina per ottenere un impasto liscio; dividerlo a metà per ricavare due salsicciotti della lunghezza della teglia (circa 4 cm di diametro).
Spennellare con la miscela di uovo e acqua, cospargere con lo zucchero e infornare per 20 min, devono essere leggermente dorati, fermi ma ancora morbidi.

Far raffreddare almeno tre ore o tutta la notte, poi tagliare diagonalmente in fette da un cm di spessore, utilizzando un coltello seghettato.
Disporre su teglia con carta forno, infornare a 160° statico (140° ventilato), 8 minuti circa per lato finché non saranno completamente asciutti e dorati.

Far raffreddare completamente.
Si conservano fino a due settimane in un contenitore ermetico.


Variante 1

Aggiungere all'impasto 10 g di semi di finocchio tritato, sostituire i mirtilli rossi con albicocche secche e i pistacchi con mardorle tostate in pari quantità.
Buonissimi!


giovedì 20 febbraio 2014

L'unico tiramisù che amo

Quando esco fuori a cena, si pone sempre un problema: chiedono a me di scegliere i dolci.
Terribile. Perché poi sono costretta ad esprimere un parere e io non riesco a mentire; rischierei di cominciare con il dire che l’aroma della vaniglia nel gelato è artificiale, o che il cioccolato è stato scaldato troppo, o che il dolce è stato congelato o, ancora peggio, fatto il giorno prima.
Rovinerei la cena a tutti e probabilmente nessuno mi inviterebbe più per il terrore. Quindi quando mi viene data la carta dei dessert la passo direttamente al vicino, glissando sull’argomento, così non rischio di scatenare imbarazzo o costernazione.

Gli unici dolci che accetto molto volentieri sono quelli casalinghi, perché esco dal mio ruolo di giudice, riuscendo ad apprezzare l’amore e l’impegno con cui sono stati realizzati. Mi è capitato di dire con sincerità che io non avrei saputo fare meglio, perciò…
Comunque il dolce che mi causa più problemi è il tiramisù: tutti lo adorano, io non lo sopporto.
Lo trovo quasi sempre troppo papposo, troppo zuccherato, troppo liquidino o troppo pieno di caffè.
Posso amarlo solo in due occasioni: quando lo faccio io e quando lo fa il mio vicino, il quale, incurante del pericolo, me lo porta spesso.
Sono accomunati entrambi da una cosa: non sono fatti con i savoiardi, e neanche con i Pavesini.
Non vi scandalizzate, io amo il tiramisù fatto con i biscotti tipo Oro Saiwa, Petit Beurre, Petit Pavesi, insomma avete capito no?
De gustibus…

Note e consigli
Il tiramisù è una ricetta a crudo, procuratevi uova freschissime e di provenienza sicura; dopo averle rotte lavatevi le mani, è importante in questo tipo di preparazioni.
Per un risultato migliore è consigliabile usare uova a temperatura ambiente.

Questa ricetta va benissimo anche con savoiardi, Pavesini, biscuit, potete variarla a vostro piacimento, non mi offendo mica: ognuno ha i suoi gusti! Potreste pure farli in casa, perché no?

Il caffè dovrebbe essere espresso. Io lo faccio nella moka da sei. Potete anche farlo molto ristretto e allungarlo, ricordatevi comunque di zuccherarlo leggermente.
Molte persone versano il caffè sui biscotti direttamente nello stampo; io suggerisco di farlo in un piatto a parte, è molto più facile regolare la dose e non rischiate di avere un tiramisù acquoso, non c’è niente di peggio.

Otterrete un tiramisù non eccessivamente dolce rispetto a molti altri, non ditemi che non vi avevo avvisato ;-) C’è chi mi ha detto che l’unico rischio è quello di mangiarne una vaschetta intera perché sembra leggero, ricordatevi che non è proprio così.

Dovete farlo riposare una notte in frigorifero, altrimenti la consistenza risulterà troppo morbida, anche questo dovevo puntualizzarlo (grazie Andy per aver fatto da cavia senza aspettare i tempi di riposo).

Con l’aggiunta di gelatina può diventare un perfetto dolce monoporzione, in futuro ricordatemi di spiegarvi bene come si fa.

Per ultima cosa, dovete perdonarmi la realizzazione in vaschette di alluminio, ma doveva essere distribuito in tre posti diversi, è dura la vita di una pasticciera… Voi fate i seri!

Ingredienti per 12 persone affamate

biscotti a piacere   300 g per me
caffè                300 ml per me

tuorli               4
uovo                 1
zucchero             110 g

mascarpone           200 g

panna                380 g

cacao amaro

Per prima cosa preparare il caffè e zuccherarlo leggermente, deve avere il tempo di raffreddarsi o i vostri biscotti saranno una pappetta ;-) Sarebbe perfetto prepararlo la sera prima, altrimenti bisogna aspettare con pazienza e non tutti hanno tempo per farlo!

Cominciare a bagnare i biscotti; io li dispongo su una teglia e uso un cucchiaio per non rischiare di versare troppo caffè, mi piace lasciare i biscotti morbidi ma non sfatti. Il massimo sarebbe usare un biberon da pasticciere, ma non si può avere tutto.
Se usate i savoiardi, bagnate leggermente un lato, poi girateli e fate lo stesso dall’altra parte, saranno umidi al punto giusto.

Montare con le fruste i tuorli, l’uovo e lo zucchero a lungo, prima a media velocità per sciogliere lo zucchero, poi a velocità massima, fino ad ottenere una consistenza spumosa e un impasto chiaro che “scrive” (foto sopra per chiarirci).

Sbattere bene il mascarpone con una forchetta per renderlo cremoso (soprattutto se è appena uscito dal frigorifero) e aggiungerlo alle uova. Mescolare a velocità bassa, per non rischiare che il mascarpone si “strappi” e si formino grumi.

Montare la panna, ma non completamente: tecnicamente si definisce semi-montata (foto sopra a destra); aggiungerla al composto di uova e mascarpone mescolando delicatamente fino ad ottenere una crema.

Realizzare strati alternati di crema e biscotti disposti in maniera omogenea.

Spolverare con cacao.

Far riposare una notte in frigorifero e gustare, aspetto i commenti!!!


martedì 18 febbraio 2014

Decalogo a puntate per sognatori di cucine 2

2.
Se già invidiate la gente ricca, non scegliete di lavorare in ristoranti costosi: vi capiterà spesso di tornare dalla vostra breve pausa con occhiaie e capelli stile Frankenstein proprio mentre donne fichissime, magre e profumate varcheranno la porta per assaggiare le vostre prelibatezze.
Se siete donne, vorrete uccidervi; se siete uomini, vorrete uccidere i loro accompagnatori, i quali hanno scelto un lavoro diverso dal vostro
.



Spiegazione
Quando lavoravo in un ristorante 3 stelle Michelin, mi capitava più o meno sempre di entrare alle 8 di mattina e uscire all'una di notte. In questo lungo arco di tempo, cedevo progressivamente alla stanchezza ed evitavo volentieri di pensare alle condizioni in cui mi trovavo e soprattutto di guardarmi in uno specchio, se non strettamente obbligata.
Quando si fa questa vita massacrante, non si ha tempo per sé stessi, per sistemarsi i capelli, per vestirsi bene, per andare in palestra... e la cosa mi faceva soffrire non poco, perché mi sentivo un relitto; nel frattempo vedevo i miei clienti che si godevano la vita e si rilassavano nello stesso posto in cui io dovevo sputare sangue.



La scena descritta sopra mi capitava tutti i giorni e l'amore per il mio lavoro ha rischiato di risentirne non poco.
Qualsiasi carriera tosta abbiate scelto, spesso non ci accorgiamo di quanto ci manchi la vita vera, quella fuori, fatta di risate, di sport, di amicizie, di sentimenti, di relax.
Se amate molto voi stessi, oltre al lavoro, sceglietevi un'attività che rispecchi voi e non le vostre aspettative troppo alte, o se proprio non riuscite a rinunciare allo stress dei posti fighi, almeno il fine settimana dedicatelo completamente a voi e al vostro benessere.
Nonostante sia un momento economicamente molto difficile, nessun lavoro merita la nostra infelicità.


domenica 16 febbraio 2014

Decalogo a puntate per sognatori di cucine 1

Quando ho deciso di entrare nel meraviglioso mondo della ristorazione, ignoravo molte cose; ripensandoci ora che sono meno ignorante, avrei tanto voluto che qualcuno mi avesse introdotto in questo mondo, preparandomi almeno ad alcune delle realtà che ho scoperto solo lavorando.

A partire da questo post, i prossimi risponderanno in parte a tutto ciò che avreste dovuto (o voluto) sapere, ma non avete mai osato chiedere sui lati spinosi della vita che si fa in cucina: ho preparato un decalogo ironico-amaro a puntate che farà aprire gli occhi sia agli appassionati di cucina che agli aspiranti lavoratori.
Probabilmente avrete altre mille domande da farmi, in tal caso sono qui e dove possibile e non compromettente, risponderò.

1 (la parte più importante).
Se decidete di voler lavorare in cucina dopo aver guardato Masterchef, ripensateci.



Spiegazione
Io adoro la cucina, è la mia vita nonché l'unica cosa che non mi stanca mai.
Devo dire però che ultimamente perfino io sono abbastanza nauseata da tutto ciò che ci viene propinato sui giornali, su internet e soprattutto in televisione; tre programmi su quattro sono di cucina, di questi almeno due di pasticceria. Non voglio dire che io non li guardi, anziiiiiiii!
Ma quello che vorrei farvi capire è che i programmi che parlano di cucina non rappresentano affatto la vita che si fa in cucina. Neanche lontanamente! Dovreste esclusivamente considerarli come intrattenimento, perché è proprio quello che sono.

E invece è colpa di questi programmi se ogni volta che esco ci sono donne in crisi che mi guardano trasognate dicendo: “anche io so fare i dolci come quella di Bake Off, ora lascio il mio lavoro di ufficio e apro un ristorante” oppure uomini facoltosi che passano tutte le sere a bere e a mangiare nei ristoranti più fichi del mondo che mi fanno: “avrei dovuto fare lo chef, pensa che bella vita, sempre a mangiare e a fare il fico come i giudici di Masterchef...”. No. Ripeto, no.



Visto che ho citato Masterchef, posso approfondire assicurandovi che i tre giudici in questione, prima di avere un ruolo così figo, si sono ammazzati di lavoro facendo 20 ore al giorno e se sono lì è sì per la fatica e per la determinazione, ma anche e soprattutto per una gran dose di fortuna, perché nel frattempo ci sono chef talentuosi e gnocchi che fanno una fatica mostruosa e che non arrivano a fine mese.

Pensate adesso ai concorrenti di Masterchef: che siano lì per sfidare sé stessi, o perché adorano la cucina o ancora per dimostrare qualcosa agli altri, nessuno li ha costretti a partecipare, quindi il loro è un passatempo, un divertimento, un'occasione.
Nonostante questo lo stress a cui sono sottoposti nelle loro sfide è palpabile, a quanti pianti e crisi abbiamo già assistito?

Pensate ora di essere al loro posto, ma non come concorrenti di un programma televisivo, piuttosto come dipendenti in un ristorante.
Un ristorante in cui i giudici sono gli chef sopra di voi e soprattutto i proprietari; ogni giorno si aspetteranno qualcosa da voi dal momento in cui varcate la soglia dello spogliatoio fino al momento in cui ne uscirete in uno stato disastroso.
In cucina, a differenza di altri lavori, l'incapacità e la bravura sono sotto gli occhi di tutti, non ci si può nascondere; lo stress della responsabilità è talmente alle stelle che pochi chef riusciranno a comunicarvi il loro disappunto senza gettarvi addosso insulti o piatti.



E ancora, la prossima volta, osservate le postazioni dei concorrenti, qualsiasi sia il programma: vedete gli schizzi d'olio, le uova cadute a terra, l'impasto colato nel forno, la padella bruciata? I concorrenti si tolgono il grembiule, spengono le luci e vanno a casa; i dipendenti restano a pulire dopo aver finito, pur non essendo pagati per farlo, sempre.

Pensateci la prossima volta che davanti al televisore sospirerete immaginandovi una vita migliore.



Nota: tutte le immagini delle puntate del decalogo sono tratte liberamente dal film Ratatouille, Pixar Animation Studios & Walt Disney Pictures, U.S.A. 2007.

giovedì 13 febbraio 2014

Torta-mousse cioccolato, zenzero e lamponi

Questo post prende due piccioni con una fava: partecipare ad un concorso e nel frattempo aiutare tutti coloro che stanno ancora cercando un dolce da fare domani. Per chi se lo fosse dimenticato (impossibile, visto il bombardamento che riceviamo), domani è S.Valentino.

Non ho mai partecipato in maniera accorata al festeggiamento annuale degli innamorati perché, così come ogni altra festa istituita “recentemente” (che sia della mamma, del papà, dei nonni, degli zii, dei nipoti, dei vicini), non riesco ad andare al di là della visione commerciale. Queste feste sono entrate talmente tanto nella nostra cultura, che se la vostra dolce metà domani non si presenterà con almeno con 50 rose rosse o 200 cioccolatini, ci rimarrete male, vero?!
Non sta a me dissacrare l’amore e così, se riceverete un mazzo di rose, almeno potrete contraccambiare con un dessert che perfino io giudico all’altezza.
Per aiutarvi vi metto perfino il procedimento passo a passo: visto che i cioccolatini non posso portarveli, è il mio regalo per voi ;-)


Note
Quando ho una ricetta in cui devo montare sia i tuorli che gli albumi, comincio sempre con questi ultimi: dopo aver montato i bianchi infatti, potete liberare la ciotola mettendoli da parte e montare nello stesso recipiente tuorli e zucchero. Se cominciassi dai tuorli, sarei obbligata a lavare la ciotola perfettamente, perché gli albumi devono essere montati in contenitori pulitissimi e asciutti.
Sono abituata così, sul lavoro anche una piccola perdita di tempo come questa può rovinarti.

In più tenete presente che la base può essere preparata tranquillamente il giorno prima; conservatela coperta da pellicola.

Da pasticciera devo dire che la ricetta mi è piaciuta molto, ma devo sconsigliarvi di montare gli albumi con il sale come suggerito: il mito che gli albumi montino meglio con aggiunta di sale, è stato sfatato scientificamente dal mitico Dario Bressanini; chi fosse interessato può leggere approfondimenti qui.
Aggiungetelo piuttosto nel latte, un tocco di sale ci sta sempre bene.

Potendo cambiare forma e frutta del dolce per il concorso, ho optato per due stampi quadrati da 6x6 cm e ho aggiunto le fragole.
Quindi ho cotto la base in uno stampo da 20x30 cm, in modo che rimanesse alta max 1 cm, più sarebbe troppo per me; in seguito l’ho tagliato nelle forme desiderate e il resto avanzato l’ho usato per un tiramisù moderno, yeah!


Ingredienti per uno stampo circolare con cerniera da 18 cm Ø

a. base
cioccolato fondente 64%   75 gr
albumi                    3
sale                      1 pizzico
tuorli                    3
zucchero                  40 gr
cacao amaro               1 cucchiaio
maizena                   1 cucchiaino

b. mousse
cioccolato fondente 64%   50 gr
gelatina                  1 foglio (2-3 gr)
latte                     50 ml
zenzero grattugiato       1 cucchiaino
zucchero                 2 cucchiai
panna                     100ml

c. salsa ai lamponi
lamponi freschi           150 gr
zucchero                  40 gr
succo di limone           2 cucchiaini

d. decorazione
fragole fresche
lamponi freschi
cacao amaro
cioccolato fondente


a. Per il biscuit al cacao, cominciare sciogliendo il cioccolato fondente, in modo che abbia il tempo di raffreddarsi.
Montare a neve ferma gli albumi con un pizzico di sale e metterli da parte.
Sbattere i tuorli con lo zucchero finché non diventano spumosi e di color giallo pallido; aggiungere con una spatola il cacao e la maizena setacciati, mescolando delicatamente per non smontare troppo il composto di tuorli e zucchero.
Aggiungere il cioccolato fuso, attenzione alla temperatura, non deve essere caldo o farà coagulare le uova.
Unire un terzo degli albumi mescolando, successivamente aggiungere la parte rimasta in due volte, mescolando molto delicatamente con una frusta dal basso verso l’alto.
Foderare con carta forno una teglia 20x30, livellare la superficie e infornare a 180° per 15 minuti circa, attenzione a non far seccare troppo il biscuit. Lasciar raffreddare.

Oliare bene le pareti del vostro stampo, qualunque esso sia, e foderate le pareti con acetato; l’acetato è un materiale trasparente in rotoli o in fogli che serve per ottenere dessert dalle pareti perfettamente lisce.
Se non doveste trovarlo, vi permetto di foderare le pareti dello stampo ritagliando una banda dalle bustine trasparenti per il freezer. A che serve essere pasticciera se non per darvi queste dritte? ;-)
Ritagliare il bisquit con lo stampo.

b. Tritare finemente il cioccolato o, ancora meglio, farlo sciogliere a bagnomaria.
Ammollare la gelatina in acqua molto fredda.
Nel frattempo mettere a scaldare il latte con lo zenzero. Quando è caldo, aggiungere lo zucchero e mescolare finché non sarà sciolto. Aggiungere la gelatina strizzata e farla sciogliere.
Versare il composto ancora ben caldo sul cioccolato in 2/3 volte, mescolando. Far raffreddare.
Montare la panna e aggiungerla delicatamente al composto di latte e cioccolato.

Adagiare la frutta scelta sulla base e ricoprire di mousse, sbattendo leggermente per coprire bene gli angoli. Livellare la superficie.

Se lo stampo è a cerniera, basterà porre in frigo per due ore.
Se avete scelto stampi come i miei, dovrete far rassodare il tutto un’ora in congelatore o sarà impossibile estrarre il dolce. Una volta freddo, fatelo scivolare sullo stampo, l’acetato vi aiuterà; togliete quest’ultimo delicatamente, dopo aver spolverato la mousse di cacao.

c. Preparare la salsa frullando insieme lamponi, zucchero e succo di limone; passate il tutto con un colino.

d. Io ho decorato il tutto spennellando la salsa sul piatto e aggiungendo lamponi freschi e lingue di cioccolato fondente.


Auguri!

martedì 11 febbraio 2014

Idee per farcire e glassare i bignè

Dopo aver letto questo post in tanti vi sarete domandati: “magnifico, ma adesso come li farcisco i miei stupendi bignè?”
Presto detto, questo nuovo post nasce proprio con lo scopo di fornirvi idee su farciture e glassaggi dell'impasto in questione, a voi la scelta!


FARCITURE
Per farcire i vostri bignè dovete praticare un buco sul fondo con la punta di un coltello, mettere la vostra farcitura in un sac à poche dotato di punta piccola e spremerla fino a riempire completamente il guscio vuoto di pasta. Siate delicati, o romperete il bignè
Nel caso abbiate fatto éclairs molto grandi, praticate tre fori sulla base invece che uno e sarà molto più facile farcirli.

La crema pasticcera

Se dovete soddisfare le esigenze di molti commensali, la crema pasticcera sarà la scelta migliore, perché dopo averla realizzata potrete dividerla e declinarla in gusti diversi, come ho fatto io.

In questo caso la crema che ho realizzato è leggera, contiene poche uova e poco zucchero, l'ho scelta perché dovevo preparare 200 éclairs e comprare trenta uova biologiche era fuori questione; inoltre dovevo aromatizzare la crema con altre preparazioni che contenevano zucchero e non avevo intenzione di far diventare i commensali diabetici.
Questa ricetta prevede un'alta dose di Maizena© per sopperire alla mancanza delle uova, questo permette di non doverla ricuocere sul fuoco perché solidifica da sola ed è quindi più semplice e veloce da realizzare.
Otterrete una dose abbondante, ma vi sconsiglio di dividere questa ricetta a metà, o peggio in quattro, perché il risultato non sarà soddisfacente. Comunque potete conservarla fino a quattro giorni in frigorifero, male che vada potete sempre utilizzarla per preparare un altro dolce, che non guasta mai.
Partiamo con la ricetta base, poi vi dirò cosa ho aggiunto io.

Ingredienti per 1,4 kg circa di crema

latte                 1 litro
vaniglia              1 stecca

tuorli                2
uova                  1
zucchero              80 g
Maizena               100 g

Mettere il latte a scaldare in una casseruola insieme alla vaniglia tagliata a metà.

Nel frattempo rompere l'uovo e i tuorli in una terrina e mescolarle energicamente insieme allo zucchero, con l'aiuto di una frusta.
Setacciare la Maizena e versarla tutta insieme sulla miscela di uova e zucchero. Cominciare a incorporarla delicatamente e progressivamente con la frusta, fino ad ottenere una miscela omogenea e liscia.
Consiglio: uova a temperatura ambiente aiutano ad evitare che si formino grumi.

Portare il latte a ebollizione per un minuto e filtrarlo sulla miscela di uova, zucchero e Maizena, mescolando per non far coagulare le uova.
La crema comincerà a rapprendersi, versarla in un contenitore basso e capiente e coprirla immediatamente con pellicola per alimenti.
Il livello basso permette un raffreddamento più veloce, la pellicola invece evita la formazione della crosticina dura in superficie ed è essenziale.

Farla intiepidire prima di porla in frigorifero.

Una volta che si è freddata completamente, sarà troppo solida per essere utilizzata. Mettetela in una terrina e mescolatela energicamente con un cucchiaio di legno o, più semplicemente, con delle fruste elettriche. Se vedete che, nonostante i vostri accorgimenti, si sono formati dei grumi, potete provare il frullatore a immersione, vedrete che risulterà liscissima.


A questo punto potete aggiungere i vostri ingredienti preferiti. Io ho diviso la crema ottenuta in quattro parti (da 350 g ciascuna) e ho scelto di farla così:

Al caffè dose per circa 20 bignè

crema pasticcera      350 g
caffé solubile 2      bustine

Aggiungere il caffè (potete aumentare o diminuire la dose secondo i vostri gusti) alla crema pasticcera ancora calda, coprire con pellicola e lasciar raffreddare completamente.


Al limone dose per circa 20 bignè

crema pasticcera      350 g
limone                1

Grattugiare finemente la scorza del limone e aggiungerla alla crema pasticcera ancora calda; se prevedete di preparare una crema unicamente al limone, aggiungete la scorza direttamente nel latte.
Far raffreddare la crema e aggiungervi il succo del limone (potete aumentare o diminuire la dose secondo i vostri gusti).


Al pistacchio dose per circa 20 bignè

crema pasticcera      350 g
crema al pistacchio   50 g circa

Aggiungere la crema di pistacchio alla crema pasticcera fredda e lavorarla con le fruste.
La dose di crema al pistacchio può variare in base al prodotto che acquistate; la trovate nelle torrefazioni, nei supermercati forniti, nei negozi specializzati e spesso nelle cioccolaterie.


Alla crema spalmabile di Speculoos dose per circa 20 bignè

crema pasticcera      350 g
crema di speculoos    120 g circa

Aggiungere la crema di speculoos alla crema pasticcera fredda e lavorarla con le fruste.
Questa crema spalmabile si trova in Francia in tutti i supermercati, è grassissima, ma anche buonissima.
In alternativa, potete sostituirla con lo stesso peso di Nutella o di una crema spalmabile a scelta.
Assaggiate per decidere la dose corretta.


L'idea in più:

Al cioccolato
Se amate bignè al cioccolato, potete tagliare finemente cioccolato fondente secondo i vostri gusti e aggiungerlo alla crema pasticcera ancora bollente; attenzione a non aggiungerne troppo, altrimenti il cacao renderà la crema eccessivamente dura.

Nota: se volete rendere queste creme più soffici e scioglievoli, potete aggiungervi della panna montata (circa un terzo del peso della crema o più, secondo le esigenze).


La panna montata

Per gli amanti della panna pura e semplice, la farcitura risulterà facilissima.

Ingredienti per circa 20 bignè

panna fresca          400 ml
zucchero a velo       50 g

Utilizzare una panna fresca di buona qualità, deve essere freddissima, più è fredda e più monterà correttamente.

Cominciare a montare la panna a media velocità, con le fruste elettriche è preferibile, fino a quando non comincia a rassodarsi.
Aumentare al massimo la velocità e aggiungere lo zucchero a velo, fino a quando non raggiungerà la giusta consistenza; non montatela troppo, mi raccomando, non dobbiamo ottenere del burro!

A questo punto potete scegliere di aromatizzarla, eccovi alcuni suggerimenti (dosi per la ricetta sopra):

Alla vaniglia
Aggiungere i semi di una vaniglia o un cucchiaino di vaniglia liquida insieme allo zucchero a velo, mentre montate la panna.

Alla rosa
Aggiungere mezzo cucchiaino di acqua di rose (e eventualmente poche gocce di colorante rosso) insieme allo zucchero a velo, mentre montate la panna.

Al liquore
Aggiungere mezzo cucchiaino del liquore scelto (deve essere un aroma sottile, assaggiate) insieme allo zucchero a velo, mentre montate la panna.


GLASSAGGI

Ci sono molti modi per glassare i vostri bignè; tenete però presente che il fattore più importante, qualsiasi sia la tecnica utilizzata, è la consistenza, né troppo liquida, né troppo densa.
Provatela su un bignè prima di essere sicuri che vada bene.
Potete colorare e soprattutto aromatizzare le vostre preparazioni, ma non dimenticate che la glassa è una decorazione e non deve mai sovrastare il sapore del ripieno.
Una volta preparate, glassate i bignè capovolgendoli e immergendone la parte superiore nella preparazione; lasciate colare l'eccesso per pochi secondi prima di disporli su un vassoio.

Fondente
Per realizzare i miei éclairs ho utilizzato del fondente professionale per pasticceria e l'ho colorato con coloranti liquidi.
Il fondente è una pasta bianca che assicura tenuta e brillantezza perfette ed è la tecnica più usata per glassare i bignè; grazie alla passione per i dolci dilagante, oggi il preparato per il fondente lo potete trovare facilmente anche nei grandi supermercati insieme a zucchero a velo, gocce di cioccolato, pirottini e decorazioni, tra cui anche i cuoricini rossi che vedete nella foto.

Seguite le istruzioni sulla confezione, aromatizzatelo e coloratelo a piacere, un giorno proverò comunque a farlo in casa e vi spiegherò come si fa.

Nota: per l'éclair al caffè ho lasciato il fondente di colore bianco e l'ho spolverato con polvere di caffè.


Ghiaccia reale
L'alternativa casalinga al fondente è la ghiaccia reale; è molto meno brillante, ma assicura comunque bei risultati.
Potete colorarla o aromatizzarla a piacere, ma se usate coloranti o aromi in gel, attenzione a preparare una ghiaccia non troppo liquida. Se dovesse succedere, potete aggiungere zucchero a velo.
Visto che si tratta di una preparazione a crudo, attenzione alla freschezza delle uova!

Ingredienti per glassare circa 20 bignè

albume                30 g
zucchero a velo       100 g
succo di limone       alcune gocce

Mescolare albume e zucchero a velo per ottenere una crema non troppo liquida.

Aggiungere poche gocce di succo di limone e eventualmente colorante e aroma.


Ganache al cioccolato
Se volete glassare i vostri bignè al cioccolato potreste optare per semplice cioccolato fuso; nella maggior parte dei casi però otterrete un glassaggio poco soddisfacente, spesso opaco o a macchie, perchè il cioccolato non è stato trattato in modo corretto e alle giuste temperature.
Optate quindi per una ganache, leggermente più lunga da fare, ma più facile per le persone alle prime armi.

Ingredienti per glassare circa 20 bignè

cioccolato fondente   100 g
panna liquida         120 g

Portare a ebollizione la panna, togliere subito dal fuoco e filtrare sul cioccolato tagliato molto finemente.
Lasciar riposare due minuti coperta, poi mescolare bene e assicurarsi che il cioccolato sia completamente sciolto.

Queste sono idee base, che potete personalizzare a vostro piacimento, andando avanti prenderemo in considerazione altre preparazioni e decorazioni più complesse, un passo per volta!

domenica 9 febbraio 2014

Perché saltare la pasta è cosa buona e giusta (più ricetta annessa)

Forse avete pensato che questo post fosse una bandiera da sventolare contro i carboidrati e che stessi iniziando a consigliarvi di saltare la pasta in favore di pietanze che mettono a posto la coscienza. Tutto il contrario!

Con il salto della pasta voglio intendere quel gesto di polso meraviglioso, quell’arte sopraffina che ha come scopo la mantecatura perfetta del cibo in questione, il suo scivolare sui bordi della padella alla stregua di uno skater sulle pareti di cemento, il volteggiare in aria per ricadere subito dopo con un rumore soave.

Per esperienza posso dirvi che lo scopo di questo gesto può anche essere quello di far capitolare le donne, come è successo a me, tanto per essere onesti. Uno chef esperto può utilizzare la sua bravura in modo subdolo, mostrandosi una persona normalissima, avvicinandosi in maniera innocente e offrendosi di preparare una pasta per te. La proposta sarà sicuramente accolta con entusiasmo e riconoscenza per la sua carineria, ma solo nel momento in cui solleverà la padella lanciando la pasta nell’aria capirete che il maledetto vi ha teso una trappola, perché da quel momento non lo guarderete più nello stesso modo. No. Lui non è più uno NORMALE. Lui è un Dio. E se lo è in cucina, chissà in altri contesti, vi chiederete inevitabilmente. E lui vi avrà in pugno, con la stessa mano con cui smuove le linguine.

Che lo scopo sia rendere la pasta migliore o conquistare un malcapitato, tutti possono imparare il salto della pasta. Basta un po’ di pratica.
Dopo un po’ conoscerete il momento esatto in cui spingere la padella e quello in cui riavvicinarla verso di voi per evitare che la pasta crolli sui fornelli e la cucina prenda fuoco; vi accorgerete che pulire la cucina prima del salto è un’attività inutile, perché subito dopo dovrete ricominciare; e soprattutto che se pensate di offrire una pasta saltata agli ospiti che avete a cena e indossate un abito Valentino, la cucina a vista è da evitare perché dovrete togliervi il vestito o mettervi un sacco addosso, o ricoprirvi di pellicola.
Almeno le prime volte. Poi si impara anche a non sporcarsi, ve lo assicuro.

Dopo questo inneggio all’olio facile, tanti di voi si staranno preoccupando per quelle calorie in più presenti nel sughetto. Ma neanche questo ci fermerà!!!
La nutrizionista Sara Farnetti afferma che per un piatto di pasta da pochi sensi di colpa, vanno rispettati la cottura al dente e la mantecatura in padella con olio extra vergine:
“La pasta al dente ha un indice glicemico più basso rispetto a quella scotta. L’amido infatti diviene commestibile solo dopo essere stato cotto, cioè quando i granuli di cui è composto si gonfiano e scoppiano, ma la sua digeribilità si riduce se la pasta è eccessivamente imbevuta di acqua [...] Inoltre, lo shock termico subìto dalla pasta buttata nell’olio caldo fa diventare gli amidi meno accessibili all’azione degli enzimi intestinali che digeriscono e trasformano gli amidi in zuccheri assorbibili. In questo modo la glicemia rimane più bassa e viene prodotta meno insulina”.
Viva il cibo sexy!!!


Passiamo ad una ricetta cult dove il salto è essenziale per dare quel tocco in più: linguine alle vongole!

Ingredienti per 4 persone

linguine      350 g
vongole       1 kg
aglio         2 spicchi
vino bianco   100 ml
olio evo      a gogò
prezzemolo
sale

Lasciate le vongole in ammollo in acqua fredda salata per una notte. Eviterete così di avere graziosi granellini di sabbia tra i denti.

Mentre aspettate che l’acqua della pasta raggiunga il bollore, scaldate due cucchiai d’olio in padella con due spicchi d’aglio e aggiungete le vongole scolate e sciacquate.
Lasciatele a fiamma medio-alta, cominceranno ad aprirsi, sfumate con il vino.
Quando vedrete che sono quasi tutte aperte spegnete subito, salatele e mettete un coperchio per lasciarle riposare nel liquidino.

Appena l’acqua bolle, aggiungete una manciata di sale grosso e buttate le linguine.
Scolatele moooolto al dente e saltatela nella padella di vongole a fiamma alta.
In questo modo la pasta assorbirà il sapore del mare. Se si asciugasse subito, aggiungete acqua di cottura della pasta, che va sempre conservata per ogni evenienza! È l’amido contenuto nell’acqua che permette una perfetta mantecatura...

Aggiungete il prezzemolo tritato tenendo da parte foglioline intere per decorare i piatti.
Aggiungere poco olio a crudo (le cose bisogna farle per bene).
Se volete ottenere un nido di linguine come nelle foto qui sotto, vi basta arrotolarle con una pinza in un mestolo e disporle delicatamente sul piatto ;-)!

Bibliografia:
Farnetti S., Tutto quello che sai sul cibo è falso, Rizzoli, 2012

giovedì 6 febbraio 2014

Le migliori caramelle mou

Non ho mai amato molto le caramelle mou, perché le ho sempre considerate come una cosa appiccicaticcia e senza particolare sapore. Ovviamente nei miei assaggi mi ero sempre limitata a quelle confezionate, fatte esclusivamente di zucchero e latte finto.
Immaginate quindi la mia sorpresa quando ho scoperto che nel relais francese dove lavoravo avrei dovuto servirle a clienti esigenti tutti i giorni... orrore!
Questo era prima che le assaggiassi; perché la ricetta in questione non era di uno qualsiasi, bensì di Alain Ducasse, e l'ho trovata ottima.
Vi lascio la mia personale versione arricchita di due ingredienti che fanno la differenza, pistacchi e fave di Tonka.
Basta poco per sentirsi in paradiso!
Dopo la ricetta trovate i miei personali e numerosi consigli, molto utili soprattutto per chi è alle prime armi.

Ingredienti per 80 pezzi circa

panna              300 g
burro salato       30 g
miele di lavanda   30 g
fave di Tonka      4

acqua              45 ml
zucchero           225 g
glucosio           180 g

pistacchi          300g


Tostare i pistacchi in forno e preparare gli stampi (io ho utilizzato due stampi in ceramica da 18x12).

Portare a ebollizione la panna, il burro, il miele e le fave di Tonka tagliate a metà (e il sale se usate burro dolce).
Filtrare con un colino e mettere da parte.

Mettere in una casseruola l'acqua, lo zucchero e il glucosio, lasciar sciogliere a fuoco basso mescolando, poi a fuoco medio fino a quando la miscela non avrà raggiunto i 145°.

Unire le due miscele e riportare il tutto a 121°.

Togliere dal fuoco, unire i pistacchi e colare negli stampi.

Lasciar riposare fino a completo raffreddamento senza muoverle, conservare in frigo e tagliare in rettangoli di 3x2 cm.

Consigli
Questa ricetta non è rivolta a chi deve limitare zuccheri e colesterolo ovviamente, ma se proprio dobbiamo farci male, scegliamo sempre ingredienti di qualità mi raccomando!
In pasticceria si devono preparare tutti gli ingredienti prima di cominciare, altrimenti si rischia di scoprire che una ciotola che ci serviva è rimasta nella lavastoviglie, che lo zucchero a velo è stato finito da qualcuno e non è stato ricomprato, che il cioccolato non basta.
A maggior ragione in una ricetta come questa, che prevede diverse temperature ed una certa velocità di esecuzione, ciò diventa essenziale.
Inoltre non usate casseruole troppo grandi, renderebbero più difficoltoso misurare la temperatura.
Per gli stampi, l'ideale sarebbe avere delle cornici di alluminio posizionate su silicone.
In alternativa, potete usare tranquillamente stampi rettangolari con cerniera o pirofile di ceramica, basterà spennellarne la base e le pareti di olio o di burro fuso e coprire la base con carta forno.

Sostituzioni
Se non volete acquistare il burro salato, potete usare tranquillamente quello normale e aggiungere 2-3 pizzichi di fior di sale nella panna.
Io ho usato pistacchi di Bronte. Ovviamente possono essere rimpiazzati da qualsiasi frutta secca tostata, come le noci. Non sarà la stessa cosa, ma può andare.
Se non trovate le fave di Tonka, sostituitele con 3 vaniglie aperte a metà.
Se non possedete un termometro decente invece, compratevelo o non potrete fare questa ricetta.

Conservazione
Le cartine trasparenti sono costose e difficili da trovare, soprattutto se di buona qualità. Potete incartare le vostre caramelle mou in quadrati di carta oleata per i formaggi, che trovate in qualsiasi supermercato.
L'alta presenza di zuccheri ne garantirà la conservazione, ma per mantenere forma e freschezza vi consiglio di tenerle in frigo e di tirarle fuori mezz'ora prima di gustarle o offrirle. In questo modo si mantengono perfettamente da 2 settimane a un mese.

martedì 4 febbraio 2014

Il mio pane integrale di base

Il pane…
Viaggiando in Europa non ho potuto fare a meno di notare che noi italiani stiamo perdendo terreno sul pane. Oggi avere un pane di qualità equivale a pagarlo di più e pochi sono disposti a farlo; eppure è uno degli ingredienti base della nostra alimentazione e meriterebbe un po’ di attenzione, perché che sia per pigrizia, per i costi troppo alti o per scarso interesse, spesso rischiamo di mangiare o di dare ai nostri figli pane realizzato con farine sbiancate e trattate chimicamente, con quantità eccessive di lievito, con alcool, con grassi di bassissima qualità e dannosi per la salute e soprattutto con aggiunta di glutine che ne assicura una durata maggiore.

Una delle cause del dilagare dell’intolleranza al glutine (attenzione, non parlo di celiachia, ma di semplici intolleranze) è da imputare alle industrie, che lo aggiungono agli impasti come miglioratore per far durare i prodotti più a lungo. Il nostro corpo non è fatto per mangiare esclusivamente frumento, a cui inoltre è stato aggiunto glutine!

Fare il pane in casa, ci permette di avere un prodotto di qualità e relativamente economico.
Sulla panificazione ci sarebbe da aprire un capitolo immenso e complicato. Lo faremo, approfondiremo molti argomenti, ma oggi vorrei dedicarmi a tutte le persone che hanno sempre affrontato il pane-fatto-in-casa con terrore, pensando sia complicato e richieda troppo tempo; è normale che dopo una giornata lavorativa si corra al supermercato a prendere il pane in cassetta!
Quindi prima di parlare di maglia glutinica, temperature, pasta madre, fenomeni biochimici ecc. che scoraggerebbero chiunque (anche a me è successo, che vi credete!) vi darò poche indicazioni base per realizzare un pane facile, salutare, alla portata di tutti e che assicura comunque non poca soddisfazione.

Nozioni elementari noiose ma essenziali:

Il lievito
Questa ricetta contiene lievito di birra essiccato, lo trovate in bustine ed è a palline; si conserva più a lungo ed è più facile da usare rispetto a quello fresco perché non è necessario riattivarlo in acqua tiepida. Dal lievito di birra si ottiene una lievitazione diversa rispetto a quella ottenuta con la magnifica pasta madre, ma inutile voler imparare a correre se prima non sappiamo camminare, no?!

Se volete una via di mezzo tra i due, andate in un negozio biologico e comprate una bustina di lievito madre essiccato. Lo trovate anche nei grandi supermercati. Dire che equivale alla pasta madre sarebbe ridicolo, ma vi assicuro che è un buon compromesso lungo la strada verso il sapere :-). Per le dosi seguite le indicazioni sulla confezione.

Le farine
Non vi chiederò di andare a prendere le vostre farine direttamente al mulino biologico (per ora!), ma vi devo consigliare di acquistare farine di una certa qualità, macinate a pietra sarebbe fantastico.
Per il pane vi servono farine forti, vale a dire con una buona dose di proteine; in Italia questo valore non è sempre indicato chiaramente, posso consigliarvi di prediligere farine di tipo 0 o 1, perché le farine 00 economiche sono spesso troppo raffinate e troppo deboli e non vi aiuteranno.

Sale e zucchero
Sono essenziali per ottenere sapore e consistenza migliori, io li aggiungo però in un secondo momento perché messi all’inizio possono impedire un buon sviluppo dell’impasto e bloccare la lievitazione.

I grassi
La ricetta contiene burro per ottenere un pane integrale migliore, più morbido e ben sviluppato, ma questa aggiunta non è obbligatoria. I salutisti possono diminuirne le quantità, i vegani possono optare per il burro di soia e le persone con problemi di colesterolo possono utilizzare due cucchiai di olio extravergine. Quindi niente scuse!

L’acqua
Molte ricette consigliano di usare acqua tiepida; per la mia esperienza devo dire però che le persone comuni, che non hanno scelto di essere panificatori nella vita, tendono a considerare tiepida un’acqua che in realtà è troppo calda e che tende a riscaldare eccessivamente l’impasto e a far soffrire il lievito.
Impastando a lungo (soprattutto nei robot casalinghi che si riscaldano immediatamente) si ottiene comunque calore, quindi utilizzate acqua a temperatura ambiente!

La temperatura della lievitazione
In tanti consigliano di mettere a lievitare gli impasti nel forno caldo; anche in questo caso bisogna fare molta attenzione, perché un forno che può sembrarci tiepido ha invece spesso superato i 40°.
Tenete conto che la temperatura ideale di lievitazione è tra i 26° e i 30°; dopo i 36° il lievito comincia a morire. Potreste vedere il vostro impasto crescere velocemente e sareste contentissimi, ma non vuol dire che la lievitazione sia di qualità e che il pane mantenga una buona struttura.
Se in casa vostra fa un freddo polare potete scaldare un ambiente e lasciare lì l’impasto.

Coraggio, passiamo alla ricetta!

Ingredienti per due pagnotte da 30 cm circa

farina integrale         750 g
farina bianca forte      250 g
lievito di birra secco   15 g
acqua                    640 ml circa

sale                     20 g
zucchero                 1 pizzico

burro morbido            60 g


Impastare farine (in questo caso ho sostituito 250 g di farina integrale con altrettanta farina di kamut), lievito e acqua. Cominciare con 500 ml di acqua e aggiungere successivamente il resto, perché diverse farine assorbono più o meno acqua. L’impasto deve essere morbido, ma non molle. Impastare per 10 minuti circa, se scegliete il robot usate il gancio e una velocità bassa, per non riscaldare troppo l’impasto.

Aggiungere il sale e lo zucchero e impastare bene.

Per ultimo unire il burro a temperatura ambiente, poco per volta.

Formare una palla e mettere a lievitare per 2 ore in una ciotola leggermente oliata coperta con pellicola.

Riprendere l’impasto, se volete aggiungere frutta secca o semi o spezie questo è il momento. Io ho aggiunto prugne secche spezzettate e una miscela per pane che ho preso in Austria (finocchio, coriandolo e cumino macinati).

Impastare bene per eliminare tutta l’aria, dividere la pasta in due e fare due filoni della lunghezza della teglia.
L’ideale sarebbe mettere la teglia in una busta di plastica chiusa, ma potete semplicemente infarinare leggermente e coprire con un telo.
Far lievitare fino a quando saranno raddoppiati di volume, 45 minuti/un’ora.

Prima di infornarli infarinare la superficie e fare dei tagli con le forbici o con una lama per rasoio (io una volta mi sono tranciata un dito mentre infornavo il pane al lavoro, vorrei evitare che voi faceste altrettanto, quindi attenzione!)

Accendere il forno a 220° e mettere una teglia sul fondo.
A temperatura raggiunta, riempirla di acqua calda e infornare subito, il vapore creerà una crosta più professionale e meno casalinga.
Dopo 30 minuti verificare la cottura, se il pane è troppo umido togliere la teglia sul fondo e proseguire la cottura; il pane è pronto quando battendo le nocche sul fondo delle pagnotte si ottiene un rumore sordo.

Sfornare, capovolgere e far freddare completamente prima di mangiarlo (questa è la parte più difficileeee!!)