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mercoledì 13 luglio 2016

Red Velvet

Lavorando in una location da sogno, capita di aver a che fare con eventi importanti come un matrimonio, insomma anche io sceglierei questo ristorante come cornice ideale, perciò... Una delle spose che ho conosciuto quest'anno (Cristina) ha deciso di festeggiare il lieto evento con una merenda in giardino e anche su questa scelta non posso certo obiettare, è stato bellissimo.
Quando siamo arrivati a parlare della torta però, mi ha sorpreso con una richiesta un pò strana, ovvero una Red Velvet, classico dolce americano burroso e purpureo: come conciliare il rosso porpora di tale dolce al bianco candido di un matrimonio? Un altro "problema" che mi ha posto era quello di far diventare la suddetta torta una sorta di regalo per gli ospiti al posto della bomboniera e ha aggiunto il desiderio di un cordino in pizzo bianco.
Quello che ne è derivato potete vederlo nelle foto: una torta montata su tre piani dedicata alle persone che sarebbero rimaste a cena e dei barattolini in vetro da regalare agli ospiti.
Vi lascio la ricetta, potete assemblarla nella forma che preferite ;-)


Ingredienti (dosi per una torta a 3 strati da 18 cm di diametro)

Base:
latte intero                 220 ml
succo limone                 30 ml
colorante rosso in polvere   mezzo cucchiaino

farina “00”                  350 g
cacao                        15 g
sale                         1 pizzico
burro morbido                150 g
zucchero                     250 g
vaniglia                     mezza bacca
uova                         3
aceto mele                   1 cucchiaino
bicarbonato                  1 cucchiaino

Ripieno:
mascarpone                   500 g
panna                        250 ml
zucchero a velo              4 cucchiaini

Preparate un latticello lasciando fermentare insieme il latte e il succo di limone per mezz’ora; aggiungete il colorante in polvere mescolando molto bene.

Accendete il forno a 170°C.
Unite la farina, il cacao e il sale e setacciateli.
Nel frattempo montate in planetaria il burro a temperatura ambiente con lo zucchero e i semi di vaniglia; quando sono montati abbassate la velocità e unite le uova, una per volta.

A questo punto amalgamate delicatamente metà degli ingredienti secchi con metà burro montato e metà latticello; ripetete l’operazione.

Aggiungete all’impasto l’aceto di mele e il bicarbonato dopo averli uniti insieme, mescolate delicatamente per ottenere un impasto omogeneo e distribuitelo in 3 tortiere da 18 cm di diametro dopo averle imburrate e infarinate accuratamente.
PS: io ho utilizzato uno stampo rettangolare unico perché da lì ho ricavato i dischi per la torta a piani e per le bomboniere.

Infornate in forno caldo a 170° per circa 30 minuti, inserendo uno stuzzicadenti nelle torte dovrà uscire asciutto.
Sformate le torte su una griglia e lasciate raffreddare completamente.


Preparate il ripieno: unite in planetaria il mascarpone, la panna e lo zucchero a velo e montate a velocità media finché non sarà una crema ferma, ma non troppo dura.

Inseritela in un sac à poche (se avete bisogno di consigli su come riempirlo guardate qui e farcite la torta.

Io ho aggiunto confettura di fragole (mia) e fragole fresche all’interno.
Lasciate raffreddare in frigo almeno un’ora, sarà più buona!

giovedì 2 aprile 2015

SONO TORNATA!


Allora... che abbiate notato o meno la mia assenza, devo dire che è stata lunga, troppo.
A chi si chiedesse dove fossi finita e perché, offrirò una semplice risposta: ho lavorato come una pazza fino a metà gennaio (viva il Natale e tutto lo zucchero che si consuma in quei giorni), ho sostenuto l'esame di sommelier di primo livello che mi ha fatto penare non poco, ho pulito e imballato la mia pasticceria e ho fatto le valigie. Ebbene sì, dopo anni in cui le partenze significavano unicamente traslochi, stavolta mi sono meritata una vacanza.
Che poi, vacanza per me ha significato andarmene in giro a sgombrare la mente e raccogliere idee, quindi ho passato due mesi ad escogitare nuove soluzioni per problemi lavorativi e soprattutto nuovi menù, passando da bettole a ristoranti stellati, spesso nello stesso giorno.
Chi non fosse aggiornato, deve sapere che, non contenta di sfornare dolci tutto il giorno, adesso gestisco anche il ristorante intero. Quindi da un lavoro soddisfacente e stancante, adesso ne ho 4 in uno con le stesse caratteristiche; per fortuna ho persone fantastiche che mi aiutano e che mi fanno ridere, ma soprattutto che sono disposte a farsi contagiare dalle mie follie nonché euforie.

Quindi stanca sì, ma anche soddisfatta, tanto che le due settimane prima della riapertura del locale le ho passate a rivoluzionare tutti gli arredi, improvvisandomi falegname, imbianchino e saldatore, grazie al supporto di altri due malcapitati molto validi. Sono quasi impazzita, ma adesso guardandomi intorno mi riconosco... il fatto che nei cambiamenti si riconoscano anche proprietari e clienti è veramente una grande cosa.
Amare il posto in cui si lavora e le persone con cui lo si fa è raro e bisogna approfittarne; certo, è un'arma a doppio taglio, ma basta essere disposti a coprire la propria vita privata con il velo di Maya, dimenticandosela per un po' di anni. Semplice no?
Nelle stesse settimane di lavori ho traslocato per la terza volta in meno di un anno, il che è stato folle, ma ne è valsa la pena: finalmente ho un'abitazione che posso considerare CASA e non è poco.



In questi mesi ci sono stati anche due compleanni: il blog e... lo devo dire...? vabbé, il mio.
Parliamo innanzitutto del blog (sperando di spostare l'attenzione dal secondo avvenimento):
come tanti già sanno, io NON SONO UNA BLOGGER. Non che non mi piacerebbe o non ami e apprezzi quel mondo, anzi! Da professionista mi ritrovo spesso a sbavare di fronte al mio mac sui post delle persone talentuose che seguo, invidiandole nel profondo per la nonchalance con il quale riescono a sistemare una cannuccia nel posto giusto. Quindi non fraintendetemi... semplicemente volevo dire che il blog è solo un modo per trasmettere il mio primo lavoro (che ora come vi dicevo è solo UNO DEI) ad altre persone che magari avrebbero voluto farlo, ma non lo conoscono.
Quindi pur essendo grata e sorpresa del numero crescente di persone che capitano qui, non riesco ad essere presente come si dovrebbe, perché ogni giorno capita qualcosa che ha la priorità.
Il blog vive da solo, un ristorante no.
Quindi non pensate che voglia trascurare questo spazio, mi manca molto, ma il mio lavoro vero è spesso infernale e folle e per postare ricette attendibili e appetibili la testa deve fermarsi ed entrare in tutt'altro tipo di mondo.
Nonostante questo, cercherò di tornare in pista.



Ok passiamo all'altro compleanno.
I trent'anni. TRENTA!! Tutti hanno sperato che coincidessero per me col mettere la testa a posto, io spero invece di cominciare a perderla ancora di più da adesso e ad approfittare con follia di ogni momento che la vita mi offre. Soprattutto perché questi trent'anni sono appena bastati ad incamminarmi per una strada che mi rappresenta, adesso vorrei riuscire a percorrerla; non sapevo come mi sarei sentita in questo traguardo e ho scoperto che mi sento alla grande e questo mi basta per capire che sto bene, in caso contrario mi sarei chiusa in casa e non sarei più uscita.
Ho organizzato addirittura doppi festeggiamenti. Tié!
Una cosa non cambia mai: pretendo sempre troppo da me, non mi concedo tregue e soprattutto non accetto consigli non richiesti pensando di dover riuscire a fare tutto da sola... spero di risolvere tutto ciò prima dei prossimi trent'anni, ma ne dubito ;-).

giovedì 26 giugno 2014

Pronti?


Eh lo so... vi state chiedendo se non vi abbia già abbandonato. Ovviamente no!
Solo che come vi accennavo in questo post, da una settimana ho la totale responsabilità di una pasticceria in Toscana.
E dal mio laboratorio vedo il mare.
E ieri mi è arrivato il nuovo forno Rational, che in 4 minuti netti ha raggiunto i 170°C e mi sembra quasi di poter pilotare un'aereo; e ho dovuto scegliere il mio piano di marmo personale.
E proprio oggi tramite la vetrata aperta ho ricevuto i complimenti per la torta meringata albicocche e timo che era nella mia vetrina e quando racconto la mia carriera, alla frase “ero capo pasticciera in un 3 Stelle Michelin a Parigi” posso quasi scorgere un indietreggiare reverenziale e ammirazione negli occhi.

Tutto ciò nasce in collaborazione con una serie di luoghi e persone speciali, date un'occhiata a questo sito per capire di cosa sto parlando... il mio laboratorio sarà ospitato dal locale "Il Salino", già partito alla grande per merito di Francesco.
Grazie a tutto questo capisco cosa sono riuscita a fare, ma soprattutto ciò che ancora mi aspetta.
Venite a scoprirlo anche voi, dai primi di luglio si parte alla follia ;-).


mercoledì 18 giugno 2014

Decalogo a puntate per sognatori di cucine 10

10. L'amore ai tempi della ristorazione



Alcune delle domande più comuni sul mio lavoro riguardano le storie d'amore.
E allora lasciatemi dire che sì, ci sono stati baci nelle celle frigorifere e sì, uno chef che sa maneggiare il cibo sa fare tante altre cose (non pensate male, in parte sono portavoce di racconti altrui).

A parte questo, se avete letto tutte le puntate precedenti, avrete capito che il tempo da dedicare al divertimento sarà veramente minimo.



Se siete una donna e siete normale, vi accorgerete presto che fare questo lavoro a vita da dipendente nelle cucine è impossibile. Probabilmente penserete che la soluzione sia iscrivervi ad un corso di cake design, purtroppo ci hanno già pensato in troppe prima di voi. Cominciate a pensare ad un piano B, è fondamentale.

Se troverete tempo da dedicare ad un altro essere umano, sceglietevi il partner con oculatezza: in genere si privilegiano uomini che fanno il nostro stesso lavoro, perché a fine giornata non hanno niente da dire se la casa sembra un accampamento di barboni e soprattutto perché possono riconoscere la loro stessa stanchezza guardandoci negli occhi.
Inoltre, se sceglieste un ragazzo che ha deciso di dedicarsi ad altre attività nella vita (saggio), rischiereste di passare per la ragazza immaginaria, visto che manchereste a tutti gli aperitivi settimanali e avreste difficoltà a pianificare vacanze che non siano last-second.



Se siete un uomo, in teoria possedete più forza fisica e non temete la fatica; all'inizio il vostro lavoro vi farà entrare probabilmente in molti letti, perché sarà la gestualità, saranno le cicatrici sulle braccia, sarà il sudore davanti ai fuochi accesi e la padronanza nel gestirli, insomma uno chef è sexy.

Perfino la puzza di cucina all'inizio può entusiasmare, non chiedetemi perché; ma dopo qualche tempo la puzza sarà puzza e basta (e anche la pancia perderà il suo fascino).
Vi prego, cercate di alimentare sempre l'interesse e la passione, non solo facendovi la doccia tutte le sere. Non parlate solo di capesante, nasturzio e scalogno; informatevi sul mondo che va avanti, anche se potete guardarlo solo da una finestrella.
Il cervello è un muscolo, tenetelo in allenamento (un semplice calcolo del food-cost è meglio di niente, ma non basta).

Non permettiamo a questo lavoro stupendo di trasformarci in bestioline...



Bene, il mio intento era sdrammatizzare e ridere sulla mia personale esperienza nelle cucine, ma quello che ho scritto è reale.
Se dopo aver letto tutto ciò siete più motivati che mai ad entrare in una cucina, allora siete spacciati.
Non mi resta che dirvi che è vero, il nostro è un mondo durissimo, ma è il più bello che io conosca. E che ogni volta che comincerà il servizio, ogni giorno, gli odori e i suoni che sentirete vi faranno sentire fortunati per tutto ciò che fate.

Vi consiglio di studiare finché ne avete la possibilità, perché se un giorno avrete la fortuna di scrivere libri o sostenere interviste, la cultura e la capacità di espressione saranno importanti; partite da una formazione tecnica solida, vi servirà per avere fiducia in voi nel caso vi capiti una carriera veloce.
Siate pronti a fare le valigie: se non temete gli spostamenti avrete un lavoro assicurato, guadagni maggiori, soddisfazioni ed esperienze di vita fondamentali.
Spingete al massimo nei primi anni, puntate ai ristoranti 2-3 stelle Michelin, perché da giovani la capacità di sopportazione è leggermente maggiore.
Ringraziate tutti i giorni per le opportunità che vi offriranno, ma non fatevi mangiare in testa, siete persone dopotutto.
Tenete a voi stessi tutelando la vostra salute, questo lavoro è già difficile di per sé, figuriamoci se il corpo si ribella...

Buona fortuna ragazzi, magari un giorno ci vediamo a Masterchef (sì, ma io sarò il giudice eh!).


mercoledì 11 giugno 2014

Decalogo a puntate per sognatori di cucine 9

9. Più il ristorante in cui lavorate è figo più sarete voi a dover pulire.



Spiegazione
Prima di partire per la Francia, non avevo idea di cosa volesse dire entrare nell'Olimpo della ristorazione; perciò non dico mi aspettassi che mi avrebbero steso il tappeto rosso, ma credevo veramente che le condizioni lavorative sarebbero state direttamente proporzionali al prestigio del luogo.
Ecco, no.

Prima di quel momento l'unico strumento utilizzato da me medesima per tenere la pasticceria in condizioni apprezzabili era la scopa; tutti gli altri attrezzi erano inutili, perché la sera, dopo aver tolto il grembiule e spento la luce, lasciavo il posto a dei professionisti pagati esclusivamente per resettare il mio luogo di lavoro, che trovavo lindo e pinto l'indomani.
Non concepivo che ci fossero posti in cui ciò non fosse neanche lontanamente possibile.

L'ho imparato a mie spese. Più si sale di prestigio e più le imprese di pulizie sono praticamente un argomento tabù.
In alcuni ristoranti ho passato più tempo a svuotare cassetti per pulirli piuttosto che a stendere pasta frolla. E più pulisci più sembra che la cucina si sporchi maledizione; e più lavori più dovrai poi passare lo straccio.
Non prendetemi per una schizzinosa... ma quando, nell'unica ora libera pomeridiana, mi sono ritrovata a spostare frigoriferi per pulire tutto ciò che c'era dietro una lacrimuccia l'ho sentita scendere.



La situazione peggiora nei ristoranti con giorni di chiusura. L'ultimo giorno della settimana, se sei una persona seria, sai che dovrai lucidare la cucina dal soffitto fino al pavimento, passando ovviamente per i frigoriferi, la cappa aspiratrice e, ovviamente, il forno, che dovrai pulire con l'acido; in questa magnifica operazione, tutte le particelle che si sono depositate durante la settimana vanno rimosse, perché non è accettabile lavorare in una cucina dal forno sporco.
L'operazione intera è una specie di battaglia: il poveretto a cui tocca (si organizzano turni settimanali appositi o si estrae a sorte ;-)) se è intelligente comincia a cospargersi le braccia con pellicola o con sacchi della spazzatura, si copre la bocca con uno straccio e i capelli con il grembiule. Se poi è dotato di intelligenza superiore ha anche calcolato la divisa da indossare quel giorno, e cioè quella meno costosa.
Per scherzare prima dell'operazione passavamo le dita nella farina e ci facevamo segni sulle guance simili a quelli che hanno gli All Blacks prima di una partita. Perché è veramente una lotta tra te e il forno e soprattutto una lotta con te stesso per non piangere quando dopo aver passato l'acido vedi scorrere un fiume nero che poi dovrai togliere.



Se finisci il servizio a mezzanotte sai che fino alle 2 non uscirai da lì. Almeno.

Quindi, se già l'idea di spolverare in casa vostra vi attanaglia (come era per me), immaginate come sarebbe stendervi sul pavimento del ristorante e rimuovere con le mani tutto lo schifo che si deposita negli angoli di una cucina. Tutti i giorni.
Perché uno chef ha dentro l'amore incondizionato per il proprio lavoro; e in cucina dobbiamo essere puliti, a prescindere da eventuali controlli (rari).

Ho odiato in maniera viscerale i miei superiori che mi obbligavano a lucidare le cucine, ma quando mi sono ritrovata ad essere chef ho fatto lo stesso.
E ho urlato come non mai per due ditate su un vassoio, mi sono stesa per terra a disinfettare i frigoriferi, ho scatenato dipendenti contro di me per averli obbligati a ripassare lo straccio una seconda volta, ma ho insegnato loro a lavorare puliti e ordinati; che mi abbiano odiato o no, un giorno mi ringrazieranno, come ho fatto io con chi mi ha preceduto.

Rassegnatevi ad essere lindi e pinti, ne vale la pena.


venerdì 23 maggio 2014

Decalogo a puntate per sognatori di cucine 8

8. Scegliete attentamente i vicini, anzi meglio non averne proprio.


Spiegazione
Potrei lamentarmi di tanti aspetti delle mie case francesi: una aveva la porta che non chiudeva bene e faceva un rumore infernale, perché eravamo obbligati a sbatterla con violenza per chiuderla. La parte positiva però era che nel paese in cui abitavamo non c'era bisogno di chiudere la porta della propria casa, si viveva come 100 anni fa o giù di lì... quindi capitava che la notte la lasciassimo socchiusa e via.
Poi la polvere che entrava portata dal vento, riempiendo tutti gli angoli possibili; arrivava però dalla nostra terrazza enorme dove l' occupazione principale consisteva nel fare barbeque sempre migliori e feste in cui sentirci padroni del mondo. Quindi ben venga la polvere.
L'altra era sempre buia, quindi tra cucina e casa non vedevo mai il sole... inoltre avremmo potuto benissimo fare a meno degli infissi visto che lasciavano passare il vento gelido come se non ci fossero; il grande vantaggio era però poter dormire al fresco nel torrido agosto parigino, perciò ho accettato anche questo.



Entrambe erano accomunate comunque dall'unico aspetto necessario alla vita degli addetti alla ristorazione: non c'erano vicini.
Questo è il solo aspetto di una casa che non può presentare lati positivi... se casa vostra comunicasse con stanze altrui sareste rovinati.

Ogni sera, dopo una giornata passata in cucina, l'unico conforto nel rientrare all'una di notte è rappresentato dalla doccia che lava via i ricordi, almeno momentaneamente. Cercherete di farla durare il più possibile nonostante lo stato di incoscienza in cui vi trovate e già questo potrebbe essere un problema a livello sonoro ovviamente. Ascoltare uno scroscio d'acqua in piena notte non fa piacere a nessuno.

Un ulteriore problema trova origine però nel post-doccia: ogni sera, voi colleghi, accenderete il phon intorno alle 2 di notte; se siete una donna dovete calcolare almeno un dieci minuti di asciugatura, a meno di non volervi ritrovare alle prese con la polmonite il giorno dopo; devo confessarvi che io successivamente mi permettevo anche il lusso di passare l'aspirapolvere per rimuovere i centomila capelli che lo stress del giorno mi aveva fatto cadere.



Se avessimo avuto dei dirimpettai, come minimo ci avrebbero riservato una polpetta avvelenata, o avrebbero fatto entrare dai buchi delle finestre una colonia di formiche, o rubato la nostra posta, o bucato il tubo dell'acqua per allagarci il bagno, cose così.
Forse è per quello che molti colleghi stipulano assicurazioni contro i danni. Ora mi è tutto più chiaro.

venerdì 25 aprile 2014

Decalogo a puntate per sognatori di cucine 7

7. Non avrete tempo per le relazioni.



La vita della ristorazione miete tante vittime, primi fra tutti ovviamente noi stessi che ci lavoriamo.
Lavorando in un ristorante si diventa praticamente irraggiungibili per la gran parte del tempo e tremendamente stanchi nella parte restante e questo non facilita eventuali aspirazioni di public relations.

Le persone normali si incontrano in genere ad aperitivi post-ufficio, a cene socialmente stimolanti, o al parco di mattina per fare una corsetta ed iniziare bene la giornata; noi al massimo potremmo concederci una birra in un pub notturno prima di capitolare per la stanchezza e per noi cominciare bene la giornata vuol dire avere la divisa già lavata e stirata e riuscire a scendere dal letto incolumi, altro che corsetta!!



Per coloro di noi che vivono da soli, gli unici amici del cuore saranno la lavatrice per lavare le divise, il termosifone per asciugarle in fretta, il deodorante per ricordarci che siamo esseri umani e il letto, nostro unico compagno nei giorni di riposo, il solo che possa capirci e consolarci.
Ma non fidatevi troppo del suo abbraccio, perché da solo non è sufficiente.
La nostra storia la fanno anche le persone che ci sono vicine e quando si fa una vita così dura, gli affetti ci aiutano ad andare avanti senza dimenticare chi siamo.
So cosa voglia dire sentirsi esausti e avere voglia di chiudere gli occhi per due giorni interi, ma so anche cosa voglia dire guardarsi allo specchio e non riconoscersi più o aver dimenticato il rumore della risata delle persone che ci amano.

Quindi forza e coraggio, qualsiasi lavoro impegnativo stiate facendo, fuori c'è una vita che merita di essere vissuta nei giorni liberi, senza farsene scappare neanche un secondo.

martedì 11 marzo 2014

Decalogo a puntate per sognatori di cucine 5

5.
Pur lavorando nella ristorazione, vi capiterà spesso di non avere tempo o modo per mangiare, oppure che il pasto riservato a voi sia appena commestibile, soprattutto nei ristoranti buoni.
È assurdo lo so, ma è così.



Spiegazione
Il giorno che ho cominciato a lavorare nel primo grande albergo, arrivata l'ora di pranzo (l'orario degli addetti ai lavori si aggira intorno alle 11:30, prima dell'arrivo dei clienti) sono stata condotta in una specie di mensa interna rifornita dai cuochi stessi; da ingenuotta mi aspettavo una qualità, una certa tecnica, un impegno nel far da mangiare ai colleghi.
Quel giorno, non me lo dimenticherò mai, c'erano gli spaghetti alle vongole; erano annegati in pomodoro in lattina appena riscaldato, insaporiti con tracce di vongolette tristissime e già sgusciate che vendono in barattolini, di olio e sale neanche l'ombra. Uno shock, che si è intensificato in tutti i pasti successivi passati lì dentro.
Ignoravo ancora che quello fosse il Bengodi.



In ristoranti in cui il cibo era divino, a noi toccavano insalate russe con finta maionese e couscous all'aceto, o patate annegate nel burro e pesce congelato che, ancora non riesco a trovare una spiegazione a ciò, i cuochi lasciavano sempre mezzo crudo. Neanche a casa succede, o sbaglio?
Nelle pasticcerie dovevo quasi ringraziare quando mi portavano tramezzini del discount con prosciutto di dubbia provenienza.
In uno dei migliori ristoranti al mondo, i pasti per il personale
(eravamo lì pranzo e cena) non erano proprio contemplati, non c'era tempo, troppo lavoro. Quindi la notte, invece di dormire, oltre a dover stirare le divise, dovevo anche prepararmi i pasti, onde evitare di finire all'obitorio per stress e scarso nutrimento.



L'unica esperienza degna di nota e di ricordi nostalgici, è stata una stagione estiva, quando mangiavamo tutti insieme tra una natura meravigliosa, sotto il sole, consumando pranzi e cene di qualità, perché lo chef ci teneva e non accettava di darci gli scarti.

Ma è stata un'eccezione, i pasti del personale sono frustranti e avvilenti. E se non ci saranno proprio, avrete fame senza poter mangiare nessun piatto completo che cucinate; questa sarà la scusa che vi farà allungare le mani su tutto ciò che vi circonda e se avete scelto la pasticceria, le uniche cose che troverete sono ritagli di pasta sfoglia, creme al burro e gelati; i maledetti si coalizzeranno per depositarsi sulle vostre cosce tutti nello stesso momento, proprio quando pensavate di averla scampata...

A meno che non siate persone che dicono addio al senso di fame sotto stress, sarete in difficoltà.

sabato 1 marzo 2014

Decalogo a puntate per sognatori di cucine 4

4.
In questo lavoro, più ore si fanno più si guadagna; ma non commettete l'errore di leggere i vostri contratti, perché le ore settimanali previste saranno esaurite in due o tre giorni e più avete posizioni importanti, peggio è.
E non pensate di arricchirvi spaccandovi la schiena nei ristoranti degli altri, è una pura illusione.



Spiegazione
Quando ho cominciato a viaggiare per lavoro, ero abituata a ritmi normali e a uno stipendio da fame, ero animata da grandi speranze nonché addirittura da sogni di gloria; nella mia testa aveva attecchito l'idea che all'estero sarebbe stato tutto più regolare, più serio e più entusiasmante che in Italia, ceeertooo!
Purtroppo ci capita spesso di svalutare e soprattutto sottovalutare il nostro paese.

La mia prima esperienza all'estero è stata una stagione estiva, che normalmente equivale a ritmi da pazzi e guadagni alti; con l' espressione “guadagni alti” non intendo dire arricchirsi, intendo vivere bene; il magnifico relais dove lavoravo si trovava disperso nella natura, ma ad appena un'ora e mezza di macchina dalla Costa Azzurra, quindi immaginatevi i miei giorni liberi! La settimana era terribile, ma mi bastava sentire il vento tra i capelli e l'odore del mare per dimenticare tutto, vivevamo alla giornata, lo stipendio mi permetteva un po' di fughe e di libertà, in più riuscivo a mettere da parte un po' di soldini.



Questi soldini sono spariti nel momento in cui, traumatizzata dai ritmi folli di lavoro a cui mi ero prestata, ho deciso di andare a vivere in una delle città più care del mondo lavorando solo nove ore al giorno. Fare nove ore al giorno nella ristorazione, agli occhi dei datori di lavoro, equivale più o meno ad un part time di quattro ore in un ufficio: lo stipendio viene di conseguenza, voi sarete sì più riposati fisicamente, ma se decidete di lavorare in una grande città, rischierete di andare a dormire sotto un ponte.



Per me è stata una bella doccia fredda, ma adesso so come funziona e ho smesso di credere nelle favolette ogni volta che cambio lavoro. Le frasi: “poi per i turni vediamo...” oppure “devi gestirti tu, siete in due, vedrete come fare...” ormai hanno su di me più o meno lo stesso effetto di quando a scuola passavano le unghie sulla lavagna.

lunedì 24 febbraio 2014

Decalogo a puntate per sognatori di cucine 3

3.
Se avete una famiglia che tiene molto a trascorrere con voi i giorni di festa e non volete cambiare lavoro, non vi resta che cambiare famiglia.


Spiegazione
Quando ho scelto di dedicare la mia vita alla pasticceria, la frase che sentivo più spesso era:

“Ma i pasticcieri lavorano anche i giorni di festa!”

Devo dire che la cosa non mi spaventava assolutamente, perché vivevo ancora a casa con la mia famiglia e i miei amici erano ancora studenti con vite flessibili.



Quando poi ho cominciato a lavorare all’estero e sono entrata nei ristoranti, mi sono accorta che la storia cambia; gli aerei economici per raggiungere casa sono sempre ad orari assurdi e potendo sfruttare unicamente i giorni di riposo, si rischia di passare circa 12 ore dalla famiglia e di farne 16 di viaggio tra aerei, pullman, autobus, macchina.
Causa stanchezza, quest’idea viene sempre abbandonata con rassegnazione, senza contare che in questi trasbordi si rischia di dire addio a metà stipendio.

Quindi o vengono a trovarti loro o niente, ma anche in quel caso, il momento dell’anno in cui hanno più disponibilità sarà ovviamente il Natale, periodo in cui le tue giornate lavorative passano dalle 16 alle 24 ore.
Lo stesso vale per molti dei tuoi amici, i quali, avendo scelto carriere diverse, si ritrovano spesso ancora senza lavoro e quindi senza budget da dedicarti.
Non ci siamo.

martedì 18 febbraio 2014

Decalogo a puntate per sognatori di cucine 2

2.
Se già invidiate la gente ricca, non scegliete di lavorare in ristoranti costosi: vi capiterà spesso di tornare dalla vostra breve pausa con occhiaie e capelli stile Frankenstein proprio mentre donne fichissime, magre e profumate varcheranno la porta per assaggiare le vostre prelibatezze.
Se siete donne, vorrete uccidervi; se siete uomini, vorrete uccidere i loro accompagnatori, i quali hanno scelto un lavoro diverso dal vostro
.



Spiegazione
Quando lavoravo in un ristorante 3 stelle Michelin, mi capitava più o meno sempre di entrare alle 8 di mattina e uscire all'una di notte. In questo lungo arco di tempo, cedevo progressivamente alla stanchezza ed evitavo volentieri di pensare alle condizioni in cui mi trovavo e soprattutto di guardarmi in uno specchio, se non strettamente obbligata.
Quando si fa questa vita massacrante, non si ha tempo per sé stessi, per sistemarsi i capelli, per vestirsi bene, per andare in palestra... e la cosa mi faceva soffrire non poco, perché mi sentivo un relitto; nel frattempo vedevo i miei clienti che si godevano la vita e si rilassavano nello stesso posto in cui io dovevo sputare sangue.



La scena descritta sopra mi capitava tutti i giorni e l'amore per il mio lavoro ha rischiato di risentirne non poco.
Qualsiasi carriera tosta abbiate scelto, spesso non ci accorgiamo di quanto ci manchi la vita vera, quella fuori, fatta di risate, di sport, di amicizie, di sentimenti, di relax.
Se amate molto voi stessi, oltre al lavoro, sceglietevi un'attività che rispecchi voi e non le vostre aspettative troppo alte, o se proprio non riuscite a rinunciare allo stress dei posti fighi, almeno il fine settimana dedicatelo completamente a voi e al vostro benessere.
Nonostante sia un momento economicamente molto difficile, nessun lavoro merita la nostra infelicità.


domenica 16 febbraio 2014

Decalogo a puntate per sognatori di cucine 1

Quando ho deciso di entrare nel meraviglioso mondo della ristorazione, ignoravo molte cose; ripensandoci ora che sono meno ignorante, avrei tanto voluto che qualcuno mi avesse introdotto in questo mondo, preparandomi almeno ad alcune delle realtà che ho scoperto solo lavorando.

A partire da questo post, i prossimi risponderanno in parte a tutto ciò che avreste dovuto (o voluto) sapere, ma non avete mai osato chiedere sui lati spinosi della vita che si fa in cucina: ho preparato un decalogo ironico-amaro a puntate che farà aprire gli occhi sia agli appassionati di cucina che agli aspiranti lavoratori.
Probabilmente avrete altre mille domande da farmi, in tal caso sono qui e dove possibile e non compromettente, risponderò.

1 (la parte più importante).
Se decidete di voler lavorare in cucina dopo aver guardato Masterchef, ripensateci.



Spiegazione
Io adoro la cucina, è la mia vita nonché l'unica cosa che non mi stanca mai.
Devo dire però che ultimamente perfino io sono abbastanza nauseata da tutto ciò che ci viene propinato sui giornali, su internet e soprattutto in televisione; tre programmi su quattro sono di cucina, di questi almeno due di pasticceria. Non voglio dire che io non li guardi, anziiiiiiii!
Ma quello che vorrei farvi capire è che i programmi che parlano di cucina non rappresentano affatto la vita che si fa in cucina. Neanche lontanamente! Dovreste esclusivamente considerarli come intrattenimento, perché è proprio quello che sono.

E invece è colpa di questi programmi se ogni volta che esco ci sono donne in crisi che mi guardano trasognate dicendo: “anche io so fare i dolci come quella di Bake Off, ora lascio il mio lavoro di ufficio e apro un ristorante” oppure uomini facoltosi che passano tutte le sere a bere e a mangiare nei ristoranti più fichi del mondo che mi fanno: “avrei dovuto fare lo chef, pensa che bella vita, sempre a mangiare e a fare il fico come i giudici di Masterchef...”. No. Ripeto, no.



Visto che ho citato Masterchef, posso approfondire assicurandovi che i tre giudici in questione, prima di avere un ruolo così figo, si sono ammazzati di lavoro facendo 20 ore al giorno e se sono lì è sì per la fatica e per la determinazione, ma anche e soprattutto per una gran dose di fortuna, perché nel frattempo ci sono chef talentuosi e gnocchi che fanno una fatica mostruosa e che non arrivano a fine mese.

Pensate adesso ai concorrenti di Masterchef: che siano lì per sfidare sé stessi, o perché adorano la cucina o ancora per dimostrare qualcosa agli altri, nessuno li ha costretti a partecipare, quindi il loro è un passatempo, un divertimento, un'occasione.
Nonostante questo lo stress a cui sono sottoposti nelle loro sfide è palpabile, a quanti pianti e crisi abbiamo già assistito?

Pensate ora di essere al loro posto, ma non come concorrenti di un programma televisivo, piuttosto come dipendenti in un ristorante.
Un ristorante in cui i giudici sono gli chef sopra di voi e soprattutto i proprietari; ogni giorno si aspetteranno qualcosa da voi dal momento in cui varcate la soglia dello spogliatoio fino al momento in cui ne uscirete in uno stato disastroso.
In cucina, a differenza di altri lavori, l'incapacità e la bravura sono sotto gli occhi di tutti, non ci si può nascondere; lo stress della responsabilità è talmente alle stelle che pochi chef riusciranno a comunicarvi il loro disappunto senza gettarvi addosso insulti o piatti.



E ancora, la prossima volta, osservate le postazioni dei concorrenti, qualsiasi sia il programma: vedete gli schizzi d'olio, le uova cadute a terra, l'impasto colato nel forno, la padella bruciata? I concorrenti si tolgono il grembiule, spengono le luci e vanno a casa; i dipendenti restano a pulire dopo aver finito, pur non essendo pagati per farlo, sempre.

Pensateci la prossima volta che davanti al televisore sospirerete immaginandovi una vita migliore.



Nota: tutte le immagini delle puntate del decalogo sono tratte liberamente dal film Ratatouille, Pixar Animation Studios & Walt Disney Pictures, U.S.A. 2007.

sabato 1 febbraio 2014

me

Lo so cosa state pensando… ancora un altro blog di cucina?!
Non proprio: io a 5 anni ho allacciato il primo grembiulino dietro la schiena e ho sentito un brivido… l’ho ignorato. Poi ho girato l’Italia qua e là, lasciando pezzetti di cuore sparsi e riempiendomi di un pò di confusione, tanto che a 19 anni, dovendo decidere chi diventare da grande, ho di nuovo ignorato quel brivido improvviso (cavolo!).
Ho scelto l’università, ho afferrato una laurea in design e preso al volo una borsa di studio che volevo a tutti i costi per progettare i vestiti che avrei voluto avere nel mio armadio… ancora trasloco e tanti sacrifici, ma il lavoro l’ho avuto.
Poi ho ricominciato a sentire qualcosa che mi spingeva altrove, verso un mondo che mi si era piantato nel cuore tanto tempo prima, senza che lo avessi capito; ho cominciato a passare notti e giorni sui blog di cucina, sui libri, sui fornelli, spinta da una passione che non riuscivo più a controllare, e perché poi?

Avere a che fare con tutto questo è diventato inevitabile e alla soglia di un contratto a tempo indeterminato ho abbandonato la vita che molti sognano, scegliendo di ricominciare tutto da capo, di nuovo… di scendere dai tacchi 12 ed entrare nelle scarpe antinfortunistiche.
Reset e spaesamento.
Sensi di colpa? Un po’, all’inizio.
Rimpianti o pentimenti? Mai.
In 3 anni sono diventata chef pasticciera nel migliore ristorante di Francia, direi che oltre la fatica colossale ne è valsa la pena…
Da pochi anni sono rientrata in Italia per amore del nostro Paese e sto provando a rimanere, l'amore per il cibo e per il sole mi aiuta; non ho smesso di essere una pasticciera dentro e fuori, ma ho rallentato i ritmi folli a cui ero ormai abituata per dedicarmi a tutto ciò che mi piace e che avevo dovuto mettere da parte, tra cui gli affetti.
Non mi reputo una blogger, nè tantomeno una fotografa, vorrei solo rendere meno spaventoso l'approccio ai dolci, condividendo con voi dei piccoli trucchetti che mi ha insegnato il mio mestiere in diversi anni, quando il tempo tra un lavoro e l'altro me lo permette.

Insomma, "succo d’amore" perché questo non è solo un blog di cucina.
È una centrifuga dove riversare tutte le mie passioni, che fatico a contenere; è lo strumento per raggiungere chi non mi conosce, ma che come me si emoziona al rumore delle cucine.
Il filo conduttore è il mio lavoro, la mia vita, la pasticceria.