mercoledì 30 novembre 2016

Palline datteri & mandorle



Sono stata a Bali, al caldo. Molto caldo.
Per parlare dell’isola non basterebbero 2 settimane quindi per ora eviterò, anche perché questo è un blog di cibo; e forse la cosa che più mi ha colpito della mia vacanza è proprio questa, quindi mi sento obbligata ad affrontare l’argomento.
Mi ero documentata a lungo prima di partire, anche tramite testimonianze altrui, ma nessuno strumento di informazione era stato sufficiente per prepararmi al tipo di alimentazione che avrei trovato. Non avrei mai immaginato che a Bali due ristoranti su tre servono cibo vegan, crudista e pure senza glutine e quindi healthy; io che non mangio quasi mai dolci (sì… è così), lì sono praticamente impazzita e tanti dei pasti da me consumati sono stati a base di dolce piuttosto che di salato, cosa per me estremamente insolita.
Ma come avrei potuto rinunciare alla pasticceria crudista fresca ed economica?!
Da noi è ancora poco diffusa e comunque molto costosa, essendo le materie prime necessarie tutte di importazione, tipo cocco e anacardi (li amooooooooooooo). Lì ne hanno pure troppi e soprattutto non producono farine, solo molti amidi, quindi effettivamente è abbastanza logico che l’offerta sia diversa, ma veramente non credevo fosse a quei livelli.
Vorrei fare un post dedicato, giusto per farvi capire bene, forse le foto potrebbero rendere meglio l’idea. Se vi fa piacere intanto fatevi un giro sul mio profilo Instagram. La cosa che più mi rimarrà nei ricordi è un gelato al cocco fresco, sarebbe il motivo più valido per trasferirsi lì, giuro.

Tutto questo cibo sano ci ha fatto un po’ ingrassare perché in dieci giorni abbiamo mangiato il quantitativo di frutta che normalmente consumiamo in due mesi, ma a parte questo almeno ci siamo riempiti di salute e di vitamine (e a volte pure di hamburger, ma sempre un po’ più healthy del solito ;-).
Tornati a casa la pancia ringrazia, perché a furia di riempirsi di frutta e verdura gli effetti non sono sempre positivi credetemi; ma tra una tagliatella e una fiorentina, la voglia di salute rimane e soprattutto, io sono ancora un po’ a regime, come vi accennavo qui, anche perché i vantaggi ottenuti dalle privazioni e dai sacrifici sono svaniti, ovvio.
A questo punto, avvicinandosi il Natale, sto cominciando vari esperimenti: il tutto consiste nel trarre ispirazione da ricette super buone e super grasse della pasticceria austriaca (colpevole mia nonna materna di questa eredità), per tramutarle in ricette sane con tanti “senza”. Forse le spezie natalizie in questo caso potrebbero aiutarmi nell’impresa.
Intanto pubblico una ricetta semplicissima, ma sempre efficace: sono delle palline crudiste e vegane di datteri e mandorle, scoperte ad un corso di Pasquale Boscarello, guru della cucina naturale in Italia da taaaaantiiii anni; sono gluten-free e senza lievito oltretutto.
Mi sono tornate in mente proprio a Bali, sono ottime per Natale e il bello di queste ricette sane è che sono versatili: basta per esempio sostituire parte delle mandorle con i pistacchi e il limone con l’arancia per ottenere un prodotto molto diverso.
Quindi cimentatevi con la base e poi sperimentate, si possono aggiungere spezie e ricoprirle con sesamo per esempio. A me piace questa versione perché è molto delicata, ma se preferite potete tostare le mandorle prima per un gusto più forte.
Per i datteri, meglio usare la qualità “medjoul”, ma pure quelli in bustina possono andare.
Si conservano in frigo una settimana, io le tengo in congelatore e le tiro fuori 10 minuti prima di mangiarle, buonissime!!!

Ingredienti per circa 40 palline da 2 cm Ø

mandorle pelate        300 g
datteri denocciolati   200 g
vaniglia               1
limone                 1
sale                   1 pizzico
cocco rapè             50 g

Mettete le mandorle pelate in un mixer e tritatele finemente.
Aggiungete i datteri denocciolati e tritate nuovamente ad impulsi, in modo da non scaldare l’impasto.

Prelevate i semini dalla bacca di vaniglia, se non sapete come fare guardate qui; aggiungeteli all’impasto, tritate per pochi secondi e poi aggiungete anche il sale.
Spremete il limone sull’impasto e avviate il mixer per pochi secondi, giusto il tempo di amalgamare gli ingredienti.

L’impasto deve risultare malleabile, né troppo morbido né troppo duro, eventualmente aggiungete succo di limone o acqua.
Prelevate piccole quantità di impasto e formate delle palline delle dimensioni desiderate, io preferisco farle piccoline così posso mangiarne di più!

Passatele subito nella farina di cocco o in altri ingredienti desiderati e mettetele in frigo se resistete, oppure mangiatele subito.



giovedì 17 novembre 2016

Banana Bread



Alcune delle cose che amo di più (in cucina) sono le banane, lo zucchero Muscovado e le spezie; inutile spiegare a parole l’amore che provo per il dolce in cui tutti questi ingredienti si trovano insieme: il Banana Bread.
Per chi non lo conoscesse, è un cake realizzato con purea di banana matura, profumato (tanto) e morbido (tanto). Ne avevo già pubblicato uno qui.
Considerato il regime dietetico a cui sono costretta ancora per un po’, la nostalgia per il dolce in questione era abbastanza alta e così, visto che sono impaziente, ne ho elaborato una versione senza glutine che devo dire mi ha soddisfatto e merita di essere inserita qui. La presenza della banana facilita notevolmente il compito, perché funge da legante.
Non è un dolce magro solo perché privo di glutine, contiene burro (senza lattosio, sempre per esigenze mie) e molto zucchero, non raffinato certo, ma sempre zucchero è.
Non consideratelo quindi un dolce dietetico nel senso dimagrante del termine, serve solo a rendere felici anche gli intolleranti al glutine o a limitarne ogni tanto l’assunzione.
In caso venga preparato per persone celiache, scegliete con cura gli ingredienti, devono essere certificati senza glutine.

Note sugli ingredienti
Non sostituite gli zuccheri grezzi con quello bianco perché hanno proprietà diverse: i primi conferiscono umidità maggiore agli impasti e inoltre sono più buoni e più sani.
Tenete il burro a temperatura ambiente per due ore prima di iniziare, oppure tagliatelo a cubetti e riscaldatelo leggermente al microonde, senza fonderlo mi raccomando, o non potrete usarlo.
Usate uova a temperatura ambiente, sono molto migliori per i dolci rispetto a quelle fredde di frigo.
Potete sostituire le spezie con quelle che preferite, tenete presente che queste sono le classiche del banana bread, tranne per il fatto che ho sostituito i chiodi di garofano con il cardamomo.



Ingredienti

NB: Le dosi dipendono dagli stampi rettangolari da cake che possedete, dovete tener presente che non vanno mai riempiti più di 2/3, altrimenti l’impasto fuoriesce in cottura; per questo motivo io ho usato due stampi, se ne ricavano porzioni per circa 8 persone golose.

fecola di patate                           75 g
farina di riso                             40 g
amido di mais                              35 g
lievito per dolci                          12 g
bicarbonato                                5 g

farina di grano saraceno                   30 g
cannella                                   1 cucchiaino
zenzero macinato                           ½ cucchiaino
noce moscata                               ½ cucchiaino
cardamomo macinato                         ½ cucchiaino
buccia lime                                1
purea di banane                            335 g (circa 3 banane medie)

burro morbido (senza lattosio o normale)   85 g
zucchero Muscovado                         80 g
zucchero di canna Demerara                 75 g
vaniglia                                   ½ bacca
uova                                       120g (circa 2 medie)

Accendete il forno in modo che raggiunga 180°C se statico, 170°C se ventilato.
Spalmate sui bordi degli stampi olio di cocco se lo avete, oppure utilizzate uno staccante spray o ancora, potete imburrare e infarinare alla vecchia maniera, usando la farina di riso.

Setacciate in una ciotola capiente la fecola di patate, la farina di riso, l’amido di mais, il lievito e il bicarbonato.

Aggiungete la farina di grano saraceno, le spezie e la buccia di lime.
Tagliate le banane, mettetele in un contenitore alto e riducetele in purea utilizzando un frullatore ad immersione, non preoccupatevi se rimarranno pezzetti di banana.
Mettete tutto da parte.

Tagliate il burro a cubetti e mettetelo in una planetaria insieme allo zucchero di canna e allo zucchero Muscovado. Usate lo strumento piatto, molti consigliano sempre di usare la frusta per montare il burro, ma tanti pasticceri compresa me la pensano diversamente. Fate solo attenzione che la planetaria non sia troppo grande rispetto alla quantità di burro e zucchero, altrimenti non verrà raccolto bene; se così fosse usate la frusta.
Montate ad alta velocità per circa 5 minuti, se l’impasto sale troppo sulle pareti raccoglietelo ogni tanto con una spatola.

Quando otterrete una massa spumosa e più chiara, aggiungete i semi di vaniglia e successivamente le uova, uno alla volta, girando più lentamente.

A questo punto versate un terzo degli ingredienti secchi nella planetaria e mescolate lentamente. Aggiungete il secondo terzo e ripetete l’operazione.
Ora versate all’interno la polpa delle banane frullata, mescolate e infine aggiungete l’ultima parte degli ingredienti secchi.

Versate il composto negli stampi, non più di due terzi in modo che non fuoriesca in cottura; infornate subito.

Lasciate cuocere per 30 minuti almeno e controllate la cottura con uno stecchino di legno; sfornate quando uscirà asciutto.
Lasciate intiepidire il banana bread e sformatelo poi su una griglia.
A me piace mangiarlo con burro di cocco o crema di nocciole 100%, ma è come il nero, sta bene su tutto ;-).


lunedì 14 novembre 2016

Torta di grano saraceno & mirtilli



Sono in pausa; più che di riflessione mi piace considerarla una pausa-premio.
Nella mia vita è cambiato tutto per l’ennesima volta e soprattutto sono cambiata io, forse potrei dire che finalmente ho deciso di crescere. Non era scontato che succedesse, ma è successo e come tutte le cose importanti che avvengono, mi tocca farci i conti con questa crescita.
Per quanto mi riguarda ciò che chiamo crescita consiste nel guardare le cose con altri occhi, nell’accettare me stessa senza volermi sempre diversa, nel non paragonarmi più agli altri continuamente (ma solo qualche volta ;) e soprattutto nel non credere ai sogni altrui, bensì ai miei.

È la cosa più bella che si possa conquistare, la conoscenza di sé stessi; senza la consapevolezza di me potrei continuare a correre come ho fatto finora e non arriverei mai.
Sono giunta a questo punto dopo aver toccato con mano i miei limiti e i miei lividi, dopo aver scoperto con fastidio di non essere invincibile, ma soprattutto dopo aver capito che fuggire da tutto ciò di cui avevo bisogno era sbagliato; quando si riescono ad aprire finalmente gli occhi, quello che non sembrava possibile accade, in un attimo. E tutto cambia in superficie e nel profondo.
Che gli altri se ne accorgano o meno è irrilevante, più che altro perché tante cose che vengono fuori facevano già parte di me; ma la vera differenza la sento io, perché quando si accetta la crescita ci si sente in pace. Non ho perso completamente il perfezionismo, l’intolleranza e l’insoddisfazione che mi spingono sempre oltre, ma le uso come strumenti per migliorare piuttosto che per ferirmi; non cerco più il dolore, ma solo il benessere; mi sforzo di coltivare di più gli affetti che il mio lavoro mi ha fatto sacrificare. Cerco di costruire su ciò che ho e non su ciò che vorrei e ho scoperto che le potenzialità per essere felici in questo modo sono molto più alte di quello che pensavo. Non sto dicendo sia facile e soprattutto non è successo in poco tempo, piuttosto è un percorso che ho dovuto affrontare, per la maggior parte del tempo fisicamente da sola e questo fa male, ma aiuta. Le boe di salvataggio in questo percorso sono le persone che mi hanno sempre guardato nel profondo e che mi capiscono e non potrò mai ringraziarle abbastanza per ciò che consapevolmente o inconsapevolmente mi hanno dato.
Per qualcuno tutto ciò potrà essere scontato, ma per me non lo era affatto e devo ancora lavorarci tanto, sulla vita che vorrei, perché non voglio più sprecarne neanche un attimo.



In tutto questo quadro mi sono trasferita a Firenze: ho cambiato città perché mi sono innamorata, ho smesso per un attimo di correre e di lavorare e ho cambiato dieta.
L’ultima è l’unica cosa che sta per finire per fortuna; è una dieta che mi è stata imposta dall’esterno per vedere le reazioni del mio corpo dopo anni di massacro e di stanchezza. Quindi via completamente glutine e lattosio, nonché una lista infinita di verdure, frutta e semi.
Non posso sgarrare e non è facile e soprattutto non è gratificante. Mangio tutto ciò che prima cercavo di limitare tra cui tantissimo riso e tantissimissime patate :-O. Quindi manco sto dimagrendo.
Ma comunque tutto ciò mi ha aperto gli occhi sul mondo delle intolleranze di cui oggi soffriamo più o meno un po’ tutti. Io non ho mai creduto alle intolleranze vi dico la verità, perché quando togli una cosa spesso ne mangi troppo un’altra e il problema viene solo traslato. Non voglio certo banalizzare o fare l’esperta, ma mi interesso a vari regimi alimentari da anni perché ci tengo alla forma fisica e soprattutto a causa del mio lavoro mi informo tanto sull’alimentazione e sugli ingredienti che oggi ingeriamo in quantità.
L’aspetto più rilevante di questo periodo di dieta lo ha rappresentato per me il mondo del SENZA GLUTINE: essere obbligata a mangiare senza glutine mi ha costretto a dover leggere centinaia di etichette di prodotti sostituitivi e in un mese intero di dieta, sono riuscita a comprarne si e no una decina. Vuol dire che ho considerato abbastanza salutari solo un decimo dei prodotti analizzati.
Il 'senza glutine' è un grande business. Ovviamente non parlo della celiachia che è una malattia vera, ma di tutte quelle persone che oggi decidono di non ingerire glutine da un giorno all’altro, unicamente perché vorrebbero dimagrire e non perché ne abbiano effettivamente bisogno e che cominciano a vivere di prodotti sostituivi industriali; la maggior parte di questi contiene esclusivamente amidi ad altissimo indice glicemico e zuccheri raffinati (per esempio lo sciroppo di glucosio – fruttosio) come ingredienti principali, più conservanti, addensanti e chi più ne ha più ne metta. Dove sarebbe il vantaggio nel cambiare modo di alimentarsi in questo caso?
Da pasticciera tendente al salutismo non ho ceduto ai prodotti confezionati e ho fatto vari esperimenti cercando di coniugare il sano e il buono.
Per questo motivo nel percorso di analisi ho scelto la farina di grano saraceno come ingrediente principale, non ho usato zucchero raffinato e ho eliminato le proteine animali, così la complessità della sfida è aumentata notevolmente e mi sono divertita di più.
Il risultato estetico lo vedete nella foto, per quello gustativo dovete fidarvi di me: per essere una torta salutare e senza niente ;-) è molto intrigante, profumata e morbida.

Note sugli ingredienti utilizzati
- Potete sostituire l’amido di mais con la fecola di patate.
- Ho usato lo sciroppo di riso perché non contiene glutine, se volete una torta ancora più sana usate il malto (si trova senza glutine, ma è più difficile e il potere dolcificante è inferiore a quello dello sciroppo di riso). A prescindere dalle vostre eventuali intolleranze, non scegliete comunque quello di orzo, non è adatto per i dolci.
- Potete sostituire i mirtilli con altra frutta, tenete presente che più umida è meglio è; potete anche sostituire il cocco con la farina di mandorle per esempio e il cardamomo con lo zenzero o con altra frutta secca e spezie, dipende dai vostri gusti e dalla frutta prescelta! Stesso discorso per il latte vegetale (soia, riso, avena, mandorle, nocciole, cocco) e per la crema di mandorle.
- Questa torta può essere consumata tranquillamente da persone celiache, basta porre più attenzione sulla scelta degli ingredienti, che devono riportare la spiga barrata oppure essere inseriti nel prontuario.


Ingredienti (dosi per una torta da 16 cm Ø)

farina di grano saraceno       100 g
farina di cocco                80 g
zucchero di canna grezzo bio   45 g
amido di mais                  50 g
farina di riso                 30 g
lievito per dolci              1 cucchiaino
cardamomo in polvere           1 cucchiano
bicarbonato                    ½ cucchiano
limone non trattato            1 piccolo
mirtilli                       150 g

latte di mandorle bio          160 g
sciroppo di riso               65 g
crema 100% mandorle bianche    50 g
semi vaniglia                  ½ bacca

Accendete il forno in modo che raggiunga 180°C se statico, 170°C se ventilato.
Scegliete una tortiera apribile da 16-18 cm di diametro e foderate il fondo con un foglio di carta forno; chiudete la cerniera e tagliate la carta in eccesso se necessario.
Spalmate sui bordi olio di cocco se lo avete, oppure utilizzate uno staccante spray o margarina o burro di soia. Se non siete vegani, potete imburrare e infarinare alla vecchia maniera.

In una terrina capiente, versate la farina di grano saraceno, la farina di cocco, lo zucchero di canna e la farina di riso.
Setacciate l’amido di mais, il lievito, il cardamomo e il bicarbonato e aggiungeteli alle farine.

Grattugiate la buccia del limone all’interno della terrina e mescolate bene il tutto con un cucchiaio di legno o con una frusta.
Lavate bene i mirtilli, scolateli, aggiungeteli agli ingredienti secchi e schiacciateli leggermente con il cucchiaio.

In un contenitore versate il latte di mandorle, lo sciroppo di riso, la crema di mandorle e i semi di vaniglia (se avete bisogno di consigli su come prelevare i semini dalla bacca date un’occhiata qui).
Intiepidite il tutto al microonde (30 secondi alla massima potenza) oppure in un pentolino a fuoco basso e mescolate bene con una frusta per amalgamare gli ingredienti.

Aggiungete i liquidi agli ingredienti secchi e mescolate delicatamente per ottenere un impasto omogeneo; versate il composto nella tortiera e infornate subito nel ripiano centrale del forno.

Cuocete a 180° per 45 minuti circa; se la torta dovesse colorarsi troppo, copritela con un foglio di alluminio gli ultimi 15 minuti. Trascorso il tempo, controllate la cottura inserendo uno stuzzicadenti all’interno, dovrà risultare asciutto. Se non sarà così, proseguite la cottura, altrimenti sfornate.
Passate una spatolina o un coltello sui bordi facendo attenzione a non rompere la torta e aprite subito la cerniera. Se volete potete lucidare la torta spennellandola con un composto realizzato con 3 parti di sciroppo di riso o malto e una parte di acqua calda (ricetta base di Pasquale Boscarello); una volta fatta questa operazione, sollevate delicatamente la torta prendendo i lati della carta forno e adagiatela su una griglia in modo che si asciughi più facilmente.

Vi consiglio di servirla con la panna, vegetale se siete vegani, intolleranti oppure semplicemente desiderosi di rimanere nel filone salutare intrapreso all’inizio ;-). In alternativa, scegliete un coulis di mirtilli; altrimenti, annegatela nel caffellatte mattutino.
Conservatela avvolgendola in pellicola alimentare in modo che non si secchi.