domenica 16 febbraio 2014

Decalogo a puntate per sognatori di cucine 1

Quando ho deciso di entrare nel meraviglioso mondo della ristorazione, ignoravo molte cose; ripensandoci ora che sono meno ignorante, avrei tanto voluto che qualcuno mi avesse introdotto in questo mondo, preparandomi almeno ad alcune delle realtà che ho scoperto solo lavorando.

A partire da questo post, i prossimi risponderanno in parte a tutto ciò che avreste dovuto (o voluto) sapere, ma non avete mai osato chiedere sui lati spinosi della vita che si fa in cucina: ho preparato un decalogo ironico-amaro a puntate che farà aprire gli occhi sia agli appassionati di cucina che agli aspiranti lavoratori.
Probabilmente avrete altre mille domande da farmi, in tal caso sono qui e dove possibile e non compromettente, risponderò.

1 (la parte più importante).
Se decidete di voler lavorare in cucina dopo aver guardato Masterchef, ripensateci.



Spiegazione
Io adoro la cucina, è la mia vita nonché l'unica cosa che non mi stanca mai.
Devo dire però che ultimamente perfino io sono abbastanza nauseata da tutto ciò che ci viene propinato sui giornali, su internet e soprattutto in televisione; tre programmi su quattro sono di cucina, di questi almeno due di pasticceria. Non voglio dire che io non li guardi, anziiiiiiii!
Ma quello che vorrei farvi capire è che i programmi che parlano di cucina non rappresentano affatto la vita che si fa in cucina. Neanche lontanamente! Dovreste esclusivamente considerarli come intrattenimento, perché è proprio quello che sono.

E invece è colpa di questi programmi se ogni volta che esco ci sono donne in crisi che mi guardano trasognate dicendo: “anche io so fare i dolci come quella di Bake Off, ora lascio il mio lavoro di ufficio e apro un ristorante” oppure uomini facoltosi che passano tutte le sere a bere e a mangiare nei ristoranti più fichi del mondo che mi fanno: “avrei dovuto fare lo chef, pensa che bella vita, sempre a mangiare e a fare il fico come i giudici di Masterchef...”. No. Ripeto, no.



Visto che ho citato Masterchef, posso approfondire assicurandovi che i tre giudici in questione, prima di avere un ruolo così figo, si sono ammazzati di lavoro facendo 20 ore al giorno e se sono lì è sì per la fatica e per la determinazione, ma anche e soprattutto per una gran dose di fortuna, perché nel frattempo ci sono chef talentuosi e gnocchi che fanno una fatica mostruosa e che non arrivano a fine mese.

Pensate adesso ai concorrenti di Masterchef: che siano lì per sfidare sé stessi, o perché adorano la cucina o ancora per dimostrare qualcosa agli altri, nessuno li ha costretti a partecipare, quindi il loro è un passatempo, un divertimento, un'occasione.
Nonostante questo lo stress a cui sono sottoposti nelle loro sfide è palpabile, a quanti pianti e crisi abbiamo già assistito?

Pensate ora di essere al loro posto, ma non come concorrenti di un programma televisivo, piuttosto come dipendenti in un ristorante.
Un ristorante in cui i giudici sono gli chef sopra di voi e soprattutto i proprietari; ogni giorno si aspetteranno qualcosa da voi dal momento in cui varcate la soglia dello spogliatoio fino al momento in cui ne uscirete in uno stato disastroso.
In cucina, a differenza di altri lavori, l'incapacità e la bravura sono sotto gli occhi di tutti, non ci si può nascondere; lo stress della responsabilità è talmente alle stelle che pochi chef riusciranno a comunicarvi il loro disappunto senza gettarvi addosso insulti o piatti.



E ancora, la prossima volta, osservate le postazioni dei concorrenti, qualsiasi sia il programma: vedete gli schizzi d'olio, le uova cadute a terra, l'impasto colato nel forno, la padella bruciata? I concorrenti si tolgono il grembiule, spengono le luci e vanno a casa; i dipendenti restano a pulire dopo aver finito, pur non essendo pagati per farlo, sempre.

Pensateci la prossima volta che davanti al televisore sospirerete immaginandovi una vita migliore.



Nota: tutte le immagini delle puntate del decalogo sono tratte liberamente dal film Ratatouille, Pixar Animation Studios & Walt Disney Pictures, U.S.A. 2007.

5 commenti:

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  2. Da qualche tempo mi sono appassionato alla cucina, praticamente da quando sono diventato uno studente fuorisede a Bologna. Il primo anno da onnivoro fino al quarto, in corso, da vegano. Sorpreso dalle possibilità che la cucina veg offre, posso affermare che, forse, offre più varietà della cucina "tradizionale" non per quantità di alimenti, ma per consapevolezza del loro utilizzo. Di recente mi sono tuffato nell'oceano della PMadre, adorando oltre ogni modo la panificazione, con risultati non ancora ottimi, ma discreti e soprattutto impensabili! Infatti ho realizzato un panettone vegano che ha riscosso successo durante il pranzo di natale dandomi una bella botta di autostima che spesso scarseggia in me.
    Ma ora vengo al punto: volevo dirti che concordo con questo tuo post. Forse è da considerare una vera e propria piaga sociale il fatto che si tenda a sottovalutare o, peggio ancora, ridicolizzare le capacità espressive altrui. Io considero la cucina un'arte. Ognuno può cimentarsi, ma solo pochi eletti con un misto di impegno, fortuna e bravura possono arrivare molto in là, esattamente come per un musicista o un pittore. Questo pensiero che coinvolge tanta gente, per quanto positivo perché è bello quando si riesce a stimolare la passione per qualcosa, sul credere di poter fare qualcosa così, giusto per, mi angoscia. Esattamente come quando si va ad una mostra di quadri (e adesso cito Caparezza):
    <>.
    La questione è che molti vedono solo il punto finale, ma non tutto il percorso necessario ad arrivarci. Quanti hanno cominciato così alla sprovvista e poi si son dovuti ritirare non per mancanza di capacità ma perché il sentiero era più tortuoso di quello che si credeva? Personalmente quando posto delle foto sul mio profilo personale di facebook (Gaetano Vino, ma per qualche giorno ho l'account disattivato) leggo spesso di amici e parenti che dicono che ho sbagliato a scegliere indirizzo di studi (faccio ingegneria energetica), che dovevo fare altro, che devo aprirmi un ristorante. Forse anche per incoraggiarmi, ma se per caso avessi avuto un po' meno i piedi per terra probabilmente mi sarei lasciato convincere avventurandomi in un qualcosa più grande di me e che con le mie (ancora) scarse conoscenze della cucina e delle tecniche più disparate avrei visto fallire sicuramente. Mi ha sempre affascinato il lavoro del fornaio tanto quanto quello del pasticcere ma mai mi sognerei di improvvisarmi tale se non per quanto riguarda la mia alimentazione quotidiana. Fare la vita del fornaio dove cominci la sera e finisci la mattina di lavorare, per ogni giorno, non è semplice. Gestire una cucina senza ritardare troppo l'uscita dei piatti pare una cosa da nulla sentendola raccontare da altre persone.
    Con ciò, che spero sia chiaro, volevo solo dare una mia riflessione, non pretendo di insegnare nulla. Anzi, io avrei tanta voglia di stare anche gratuitamente del tempo nel retrobottega di un fornaio o di un pasticcere solo per carpirne tutte le tecniche, i trucchetti e così via. Ovviamente in una bottega vegan :D
    Mi piacerebbe se tu approfondissi di più questo aspetto sul tuo blog, la tua presentazione sulla torta di carote mi ha davvero affascinato e per questo ho deciso che meritavi un commento e soprattutto dei complimenti perché le tue parole trasudano emozioni e passione. Passione che si denota da come spieghi tecniche e procedimenti vari, cosa che tanti omettono quasi per creare un certo distacco "allievo-insegnante". E non è cosa rara in un mondo dove le cose si fanno giusto per farle e non per amore.
    p.s. anche io ho una kenwood kmix! Mi è arrivata proprio ieri dopo oltre un mese e mezzo di attesa! :) la differenza di potenza tra le impastatrici non è direttamente incisiva sulla potenza trasmessa all'impasto in lavorazione, dipende tutto da come è strutturato il motore. Stavo leggendo un po' di queste cose in giro!
    Se ti va dai uno sguardo al mio instagram: Gaetano Vino - @gaetanovino

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    1. Ciao Gaetano, scusa il mio ritardo!
      Il tuo commento estremamente gradito arriva in un mio momento di riflessione, che non vuol dire affatto pausa di dubbi, semmai al contrario, mi sono concessa uno stop da tutto per poter ripartire ancora con più slancio il prima possibile.
      In questa pausa sono stata bombardata da foto, da immagini, da recensioni dei tanti che oggi si improvvisano senza sapere cosa li aspetta, come giustamente facevi notare tu; ho letto articoli sugli stipendi percepiti in cucina, un articolo scritto da chi in cucina non ci ha mai messo piede, se non per dire "salve, sono una blogger, posso scattare due foto?" ed erano cifre spropositate, che non si percepiscono neanche dopo 10 anni di duro lavoro.
      Il nostro è un mondo durissimo, che non sempre restituisce indietro il giusto compenso; eppure è un mondo bellissimo, in cui la passione e l'amore ti fanno muovere verso nuove scoperte.

      Sono arrabbiata e delusa per la quantità enorme di informazioni errate e incomplete che vengono divulgate soprattutto tramite la televisione e sono contenta che esistano ancora persone come te, che riescono a mantenere umiltà e piedi per terra! In tanti stanno abbandonando i propri lavori sicuri per inseguire il sogno dei fornelli, credono che basti allacciarsi un grembiule per diventare delle star.
      In Italia gli chef-star saranno circa una decina, contro le milioni di persone che sputano sangue ogni giorno in cucine anguste, sporche, faticose.
      Questa è la vita che facciamo, soprattutto i primi anni e non ci sentiamo certo delle star, anzi... In cucina sacrifichi tutto.
      Questo vorrei dire a chi pensa che basti saper preparare un buffet casalingo per 20 persone per credere di avere il talento e la passione necessari, vorrei prepararli al duro colpo che la cucina ti da, soprattutto se iniziata tardi, perché c'è chi entra da stagista avendo già più di trent'anni e si trova a dover sottostare a ragazzi molto più giovani, che però guarda caso hanno già dieci anni di batoste ed esperienze nel curriculum; e in cucina l'età anagrafica non conta nel grado di importanza.
      E soprattutto, in cucina non puoi mentire, non puoi nasconderti: o sei in grado o non lo sei, o ti fortifica (come è successo a me) o ti ammazza.
      In cucina, più che la bravura, è il carattere che conta; e la dedizione e un pizzico di follia.
      Per aver avuto la possibilità di essere toccata da questo mondo ed essere sopravvissuta ;-) mi considero fortunata e privilegiata. Adesso gestisco un ristorante sul mare, come ho sempre desiderato. Ogni giorno è una sfida, ma niente in confronto agli anni di gavetta nelle cucine francesi, senza i quali però non sarei ciò che sono oggi.
      Quindi il mio consiglio è crederci sempre, ma rimanendo con i piedi ben ancorati a terra, come i tuoi.

      L'amore per la cucina vegana e naturale è in me da tempo, ma proprio per il lavoro che faccio, posso dire che è una parte a sè stante, che non può essere mescolata con il resto, perché è complessa e richiede uno studio attento ed esclusivo per ottenere risultati soddisfacenti; comunque cercherò di dar più spazio all'argomento in futuro... Complimenti a te per il panettone comunque :-)!
      Ti ringrazio ancora per il tuo commento, a presto

      Martina

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    3. Ti ringrazio per le belle parole. Io, invece, ho trovato il tuo blog in un momento di riflessione personale che non riguardava la cucina ma la mia vita in generale. Hai proprio ragione, non è solo bravura, ma carattere.
      Evito di scrivere un papiro, concludo solo dicendo che io già vado in panico quando si fanno cene tra amici ahahahha
      Mi sono accorto che la citazione di Caparezza non era venuta:
      "Quando entro nel museo sento brontolio:
      -Questa tela fa schifo, dipingo meglio io-
      Troppi Federico Zeri ma senza Federico
      fanno tagli di Fontana sul mio quadro preferito"

      Ciao!! Buona fortuna per tutto! A presto, spero :)
      Gaetano

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